Home Rubriche Outsider Horse Girl – Finzione e realtà nello psicodramma targato Netflix

Horse Girl – Finzione e realtà nello psicodramma targato Netflix

La domanda che si pone Horse Girl, psicodramma targato Netflix, è semplice e al contempo inquietante: cosa succede se non puoi fidarti della tua mente?

Horse Girl è il quarto film di Jeff Baena geniale regista e sceneggiatore del circuito indie della west coast, già autore di film come Life After Beth, Un weekend al limite (Joshy) e The Little Hours. Ma poco o nulla delle sue precedenti prove, poteva prepararci a questo nuovo film.

La storia ha come protagonista un’introversa e dolce giovane donna di nome Sarah (Alison Brie). La ragazza conduce una vita tranquilla, dividendo il suo tempo tra il lavoro in un negozio di artigianato “fai da te” e il suo ex cavallo Willow che lei ama tanto, ma che ora si allena con una nuova e giovane cavallerizza provetta. Escludendo la sua collega Joan (Molly Shannon), non si confida con nessuno e non ha uno straccio di vita privata. Tocca alla sua coinquilina Nikki (Debby Ryan) presentarle un ragazzo premuroso e dolce, con il quale la protagonista inizia una tenera relazione sentimentale. Ma Sarah soffre di un disturbo psichico che peggiora di giorno in giorno.

La ragazza presto non riuscirà a distinguere la finzione dalla realtà. I suoi “lucid dreams” diventano quelli dello spettatore confuso tra le vicende di Sarah e l’onirico.

Safe di Todd Haynes, Unicorn Store di Brie Larson e Unsane di Steven Soderbergh sono le pellicole che maggiormente si avvicinano a questa anomalia cinematografica. Ma a queste pellicole però va aggiunta una peculiarità formale e narrativa. Horse Girl ci viene infatti presentato come fosse un classico indie movie incentrato sui disagi sociali/relazionali di una giovane donna. Solo successivamente la pellicola diventa viaggio negli inferi della psiche sospesa, fluttuale e irreale della protagonista. Un corto circuito psicologico, a tratti ansiogeno e a tratti comico, dalle vaghe tinte lynchiane. Atmosfere molto affascinanti che fanno da teatro di posa per la meravigliosa prova attoriale di Alison Brie che per l’occasione si mette a nudo, anima e corpo. L’attrice, che abbiamo già visto in The Disaster Artist, The Post e nelle serie tv in Mad Men e GLOW, è coautrice anche della sceneggiatura. Al suo fianco è giusto citare una comprimaria, troppo spesso data per scontata come Molly Shannon, un curriculum impressionante, ma sempre al servizio e mai protagonista.

Ottimo il tappeto sonoro ambient-drone firmato da Josiah Steinbrick e Jeremy Zuckerman che sfocia nella finale All Mirrors della straordinaria e giovane cantautrice Angel Olsen.

Alla fine si resta con un senso di incompiutezza, poiché gli autori non riescono a chiudere tutti gli spunti narrativi e alcuni elementi allegorici sembrano sfuggire di mano.

Un film tanto affascinante quanto imperfetto.