Il regista Julian Richards con “The last horror movie” ci propone un film horror molto coinvolgente.
Coinvolgente non perchè le immagini mostrate a noi spettatori sono crudeli, piene di violenza, o perchè ci fanno pensare a quanto reali possano essere i fatti raccontati nel suo film, ma coinvolgente perchè il suo lungometraggio è una sorta di dialogo sul tema della violenza reale e cinematografica con lo spettatore che diventa suo primo interlocutore. Il regista si diverte a provocare il pubblico stesso e lo fa tramite il protagonista del suo film, Max, un giovane fotografo di matrimoni, con una vita qualunque ed una famiglia qualunque, che però ha un hobby alquanto discutibile : adesca le sue vittime attraverso il noleggio di film horror, le rapisce, grazie all’ aiuto di un cameraman, e le uccide, riprendendo tutta la scena.
Non ha un vero e proprio motivo, lo fa per divertimento, così come noi spettatori siamo spinti da questo divertimento stesso nel vedere questo tipo di scene, non dovendo per forza collegare il fatto a qualche nostra voglia nascosta di sangue o violenza, punto questo che viene affrontato durante il lungometraggio.
Il regista sembra implicitamente chiedere allo spettatore fino a quanto sia disposto a spingersi nel vedere una violenza così crudele e gratuita, facendolo riflettere su un fatto in particolare : deve sentirsi più colpevole un assassino che compie gesti come quelli di Max ( Kevin Howarth ) o coloro che hanno un malsano desiderio di vedere scene di torture come quelle della pellicola?
Le vere motivazioni che spingono Max a compiere quei gesti non vengono mai spiegate, anche perchè il regista non potrebbe darne una chiara ed inequivocabile.
Un lavoro metacinematografico che non si prende troppo sul serio e non scade nemmeno nel ridicolo, non un capolavoro del genere ma che merita la visione per alcuni spunti di riflessione che ci lascia.
CURIOSO.