Veloce come il vento è una delle ultime pellicole italiane che, felicemente frequenti in questo ultimo anno, mi stanno riportando in sala a godere del cinema di casa nostra da come troppo tempo non succedeva.
Che cosa hanno in comune Suburra, Lo chiamavano Jeeg Robot, Veloce come il vento? E’ cinema giovane (direi fatto da giovani, ma Sollima non è un ragazzetto) moderno ma allo stesso tempo girato con mestiere. Sembra paradossale? Eppure, parliamo di corse credibili, di sparatorie che non hanno granchè da invidiare a produzione americane, di personaggi da cinecomics dalla sceneggiatura rocciosa.
Ma la cosa migliore è come la nostra componente, l’imprinting italiano, si integri alla perfezione, rimanendo lungi dal tipico dramma familiare che si consuma sommessamente tra le quattro mura domestiche: è nel dialetto che mai stona, che sia romano criminale o romagnolo d’ asfalto e piadina; è nella competenza con cui il cast viene diretto, che ci permette di godere di un Amendola o di un Accorsi di altri tempi, senza pregiudizio, e senza strafare. E se bisogna strafare, ben venga avere un Joker de’ no’ artri e un’appassionata dichiarazione d’amore al pop italiano, a contraltare di colonne sonore altrimenti internazionali e sul pezzo.
E’ forse proprio questo il capolavoro di film simili: poter tranquillamente intrattenere un pubblico non necessariamente nostrano, pur lasciando orgogliosamente un’impronta d’origine.
Perchè il dramma può convivere con l’azione, perchè si possono avere un tossico e un bambino orfano nello stesso film e ridere per i continui, pessimi appellativi verso di lui; perchè si può avere il cuore in gola quando questo tossico, sopra un catorcio di vent’anni, torna un campione indomito a bordo di un bolide senza tempo.
E allora, basta con le scuse sul budget o sul titolo impegnato, e benvenuto Nuovo Cinema Italiano!