A nessuno piace spoilerarsi un film prima di vederlo, ma per molti l’unica possibilità di guardarsi Valhalla Rising senza andar via di testa è avere la consapevolezza, prima della visione, di non aver a che fare con un film di mazzate vichinghe -con le dovute eccezioni: chi ha già visto Refn non sarà nuovo a esplosioni di violenza praticamente dal nulla-
Il buon Mads Mikkelsen è One-eye, selvaggio guerriero posto in schiavitù e il cui mestiere è ammazzare male gli schievi degli altri; presto il nostro riesce a liberarsi, e a intraprendere un viaggio con l’unico ragazzino sulla terra che non lo ha trattato di merda male.
La vita per One-eye non è tanto più bella da uomo libero, dato che si ritroverà per terre dimenticate da Dio, popolate da assassini e disperati.
Dicevamo, approcciarsi alla pellicola avendo un’idea di cosa vi aspetta: se conoscete Refn, sapete che è un regista con gli occhialoni da vista, ovvero uno che studia e si mostra cerebrale e ricercato in quello che fa, spaziando tra titoli in cui ci concede di avere una storia comprensibile e quasi canonica, vedi Drive, a pellicole in cui francamente se ne sbatte di cosa pensa lo spettatore, tutto concentrato com’è all’estetica della fotografia o a far parlare i lunghi silenzi dei suoi attore (questo il caso di Solo Dio perdona, di cui ricordo gente scappata a metà del primo tempo). Valhalla si pone più nel secondo caso; possiamo dire che c’è una trama, una struttura divisa per capitoli, ma il film è per lo più imperniato di sensazioni e di substrati mistici che di accadimenti.
One-eye non parla, ma ben poche sono le parole del resto del cast; è la poetica angosciante di scenari e situazioni a parlare, insieme a panorami e scene su cui il regista insiste in modo quasi estenuante, talvolta stupendo (come il viaggio infernale coi crociati, che sembra infinito), altre dando quasi fastidio.
Se siete in cerca di suggestione e di film che vi lascino bisogno di riflettere, troverete pane per i vostri denti: il parallelismo tra diverse religioni che convivono nelle gesta e nella messa in opera del protagonista è forte ma tutt’altro che banale, mischiando sacrifici cattoli a tratti tipici delle divinità nordiche (Odino ha un occhio solo, giusto la più evidente); per tutti gli altri, avrete davanti un film che sembrerà decisamente più lungo di quanto dice il minutaggio, e decisamente lontano dal film di mazzate che il primo quarto d’ora può suggerire.
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