Buon esordio alla regia quello del giovane Nima Javidi che porta sul grande schermo la sua opera prima “Melbourne”.
Il film si allaccia ad una tematica già vista nel mondo della settima arte : quello delle “Sliding doors”. Cosa sarebbe successo se?!
Siamo in Iran. Amir e Sara sono eccitati e concentrati sui preparativi per il loro viaggio che li porterà per motivi di studio in Australia, paese che più di ogni altro al giorno d’oggi simboleggia per studenti e lavoratori la “Terra promessa”, quella in cui c’è sempre una possibilità per tutti.
I due stanno ormai ultimando di preparare i loro bagagli, ed allo stesso tempo tengono d’occhio la bambina del vicino, che quella che dovrebbe essere la sua baby sitter ha lasciato ai due ragazzi per qualche ora.
Quando la partenza sembra ormai vicina accade un imprevisto con la piccola. E’ la miccia che accende il film.
Da qui in poi Amir e Sara sono messi loro malgrado i fronte ad una scelta. Come muoversi? Cosa fare?
Ha inizio così una serie di eventi e scelte presi dai due protagonisti che porteranno il film in una spirale tragica fatta di bugie, paranoie e sensi di colpa, e quella che fino a pochi minuti prima sembrava solo l’inizio di una nuova vita, si trasforma in un oceano di problemi senza fine.
Il giovane regista Javidi grazie a particolari espedienti e tecniche utilizzate durante il film, è riuscito a confezionare una pellicola dalla breve durata ma molto intensa e che tiene lo spettatore incollato allo schermo dal primo all’ultimo minuto, il tutto con stratagemmi ben congeniati. Il film parte in maniera accomodante, cominciamo a simpatizzare per l’ironia di Amir e la bellezza di Sara, ma proprio quando meno ce lo aspettiamo arriva l’evento imprevisto. Da li in poi lo spettatore comincia a chiedersi come reagiranno i protagonisti a ciò che accade, per poi diventare spettatore della loro scelta, ed aspettare di conoscere come tutto si risolverà.
Il film è girato completamente in spazi chiusi, ovvero dentro l’abitazione dei due giovani, le loro interpretazioni (soprattutto quella di Peyman Moaadi (già apprezzato in “Una separazione” di Ashgar Farhadi) mostrano tutto lo sgomento, il panico, la paura ed il senso di colpa dei protagonisti di fronte alla loro scelta, scelta dal significato simbolico, e non casuale.
Una coppia che abita in uno dei paesi più chiusi dell’età contemporanea, che vede nell’Australia un nuovo inizio, quella libertà che in Iran non è così facile trovare. Poi l’imprevisto, un qualcosa che può trattenerli, bloccarli, tarpargli le ali, come l’Iran ha fatto per buona parte della sua storia con chi sventolava parole come libertà, diritti ed emancipazione.
E nella loro scelta c’è forse tutto lo spirito attuale dei giovani che oggi abitano quel paese.
Buon esordio insomma questo per Javidi, e buon prosieguo per la qualità del cinema iraniano, che dopo “Una separazione”, sforna un altro bel film.