Adattamento cinematografico del romanzo del 2012 The Darkest Minds scritto da Alexandra Bracken, Darkest Minds narra di un futuro distopico dove improvvisamente la quasi totalità di giovani muore improvvisamente. I sopravvissuti, senza un apparente perché, acquistano poteri metaumani.
I meno pericolosi sono molto intelligenti e vengono classificati dagli adulti con il colore verde. Il loro destino sarà quello di essere addomesticati dentro istituti carcerari. Altri controllano l’elettricità e spostano oggetti. Ma all’apice di questa nuova piramide ci sono quelli capaci di controllare a loro piacimento la mente umana, a loro è affidato il colore arancione. Per tal ragione sono considerati pericolosi se non letali dagli adulti, che mirano ad eliminarli.
In questo scenario apocalittico, in un mondo semi desolato e con l’economia ferma a causa della quasi totale assenza di giovani, troviamo la protagonista della storia, l’innocente Ruby (Amandla Stenberg, già vista proprio in Hunger Games e in Noi siamo tutto). Appartenente alla scala più alta e quindi la più pericolosa, la ragazza viene strappata alla famiglia. Sola e in fuga dagli adulti, Ruby incontrerà casualmente un gruppetto di giovani sopravvissuti. Tra questi anche Liam che in breve tempo s’innamorerà della giovane superumana.
Classico young fantasy sul coming of age, la pellicola si propone ad un pubblico tra i 12 e i 17 anni. Il tutto sulla lunga scia di film/saghe come Hunger Games e soprattutto Divergent e che affondano a loro volta le radici nella tradizione tolkeniana.
Il tema è quello della accettazione del diverso, che gli autori esternano in maniera adolescenziale e consolatorio. Il limite della pellicola di Jennifer Yuh Nelson (regista di due dei tre Kung Fu Panda) risulta essere proprio questa ristretta forbice di spettatori, stuzzicante e dinamico per i ragazzi, sterile e buonista per gli adulti. A ciò si aggiunge una regia eccessivamente misurata e piatta, troppo preoccupata di non uscire dal range giovanile e dai trend estetici moderni, per venire incontro ad appetiti più strutturati.
Le intenzioni sono giuste e meritevoli. Avvicinare gli young adult alle ingiustizie e alle contraddizioni del nostro presente. Sensibilizzare le loro coscienze morali, la tolleranza e il rispetto. L’approccio cinematografico è invece superficiale e privo di spunti degni di nota.
Quanto alle interpretazioni oltre alla giovane e promettente Amandla Stenberg, troviamo anche Harris Dickinson. Il giovane attore aveva esordito in un film completamente agli antipodi, quel meraviglioso Beach Rats, sorpresa della scorsa edizione del Sundance diretto da Eliza Hittman, ora alle prese (non a caso) con alcuni episodi di 13 Reasons Why. L’attrice e cantante Mandy Moore nella parte della dott.ssa Cate Connor. Gwendoline Christie, nota per il ruolo di Brienne di Tarth nella serie televisiva Il Trono di Spade. Spicca anche il nome di Wade Williams (Prison Break) e infine Bradley Whitford visto di recente in Scappa – Get Out di Jordan Peele e in The Post di Steven Spielberg.
Come da copione, il finale aperto lascia ovviamente intendere un sequel. Anche se le recensioni generalmente negative e gli incassi non esaltanti potrebbero interrompere qui un’eventuale saga.
Il film è stato distribuito da Netflix.