Il primo Ant man ci era piaciuto, coi suoi toni scanzonati e la libertà narrativa di un eroe tutto sommato secondario nell’economia del progetto MCU. Forse fino ad oggi…
Il legame con gli altri film viene risolto brevemente con alcuni accenni al motivo dei domiciliari di Scott, legato al suo contributo in Civil War; sbrigato questo compito, si viaggia subito sull’ottovolante di micro e macro trasformazioni possibili grazie al genio del dottor Pym
Un affare di famiglia
Ant man and the Wasp vede ancor di più presente la famiglia Pym: Oltre al geniale inventore infatti, la figlia Hope (Evangeline Lilly, per tutti la stupenda Kate di Lost) ruba spesso la scena a Ant man con leggiadria sapientemente alternata a mano pesante e un uso molto consapevole delle sue super-abilità. In questo senso si conferma il maggior spazio che le opere Marvel dedicano ai personaggi femminili, qualcosa di ben riuscito anche in opere precedenti come Black Panther, mentre lo stesso non si può dire della Vedova Nera fino ad oggi.
Il motore che muove Hank e Hope Pym è però le ricerca della loro amata moglie/madre, scomparsa nello spazio sub-atomico da ormai trent’anni.
Per dire, i tardigradi vanno sul millimetro di dimensioni…
More of the same (nel bene e nel male)
Come ogni seguito che si rispetti, Ant man and the Wasp ripropone tutto ciò che aveva funzionato nel primo capitolo alzando l’asticella in termini di spettacolarità, di scene deliranti legate alla miniaturizzazione. Senza mancare le numerose gag di Paul Rudd e dei suoi sgangherati colleghi.
Il problema di fondo è che anche i lati negativi del primo episodio sono rimasti, anzi peggiorati: si conferma la totale assenza di un villain di spessore, ma in questo caso si tratta di un’occasione sprecata. Il background e i poteri di Ghost avevano infatti un potenziale enorme, totalmente annacquato dalla mano pesante di mamma Disney.
Sono anni che sangue e scene action sono edulcorati, per cui nessuno pretendeva che neanche a metà pellicola il cattivo potesse uccidere Pym inserendogli un braccio nel collo. Però parliamo di un film dove il senso di pericolo quasi scompare, il villain fa brutte cose perchè ha sofferto e chi lo aiuta lo fa per bontà.
In una storia fatta di particelle sub-atomiche, acceleratori e scienziati, è poi una maga che con l’imposizione della mani mette fine al dolore di un personaggio. L’impianto da film di famiglia è davvero ingombrante.
Certamente quest’anno nessuna madre si sdegnerà per la morte di una formica, ma è straniante che si debbano attendere i titoli di coda per avere un senso tangibile di pericolo, in quello che di base dovrebbe essere un film di supereroi. Non uno spin-off in costume di Tesoro mi si sono ristretti i ragazzi.