Articolo a cura di Selen De Bonis
Tra i film d’animazione a concorrere per l’ambita statuetta degli Oscar nel 2017 ecco l’ultimo capolavoro di Michaël Dudok de Wit con protagonista la natura: “La tartaruga rossa”. Co-produzione Ghibli, il film è stato presentato nel 2016 al Festival di Cannes riscuotendo un grande successo come tipico della casa di produzione giapponese.
La trama narra di un uomo che approda, dopo un naufragio, su un’isola deserta ma popolata da animali tropicali. Egli tenta più volte di fuggire costruendo una zattera, ma puntualmente viene ostacolato e fatto andare alla deriva da un animale marino che si scopre essere un’enorme tartaruga rossa. Preso dalla rabbia e dalla voglia di andare via da quel luogo, l’uomo inizia ad inveire contro l’ animale il quale, abbandonato sulla spiaggia al sole, muore. Ma ecco comparire una ragazza dalla lunga chioma rossa e i due iniziano una vita insieme come fu per Adamo ed Eva nel Paradiso Terrestre fino a quando non nasce un figlio che scoprirà il suo antico legame col mare e le sue radici in quella natura incontaminata.
La tartaruga rossa è un film che in silenzio e grazie solo ai suoi magnifici acquerelli, a cui ci ha sempre abituati lo Studio Ghibli, riesce a comunicare un insieme di contenuti difficilmente esprimibili in pellicola.
L’assenza di dialoghi, la presenza di suoni e colori pastello creano un’unica poesia che ci parla di come l’uomo, per quanto voglia accanirsi contro la natura e imporsi su di essa, debba solo imparare ad accoglierla e conviverci. Il rapporto con la natura diventa addirittura carnale e diventa vita.
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