“L’ascesa di Skywalker” è il terzo e ultimo film della cosiddetta “trilogia sequel”, iniziata nel 2015 con Star Wars: Il risveglio della Forza e stravolta due anni dopo con Star Wars: Gli ultimi Jedi.
Il primo capitolo è il frutto della creatività di J. J. Abrams, voluto dalla Disney che aveva appena comprato la Lucasfilm. Tante aspettative e giudizi discordanti riguardo una pellicola che ha cercato di “risvegliare la forza” senza deludere i fan, con poca audacia e tenendo sempre presente le esigenze economiche della casa di Topolino (che non fa nulla senza guadagnarci).
Quindi la multinazionale dell’intrattenimento incassati gli entusiasmi, ma anche le critiche di chi sperava in qualcosa di innovativo, affida il secondo capitolo a Rian Johnson, uno a cui piace giocare coi generi. Un autore dissacrante quanto basta per portare al cinema Episodio VIII – Gli Ultimi Jedi, sicuramente meno pavido e nostalgico. Ovviamente le critiche sono, se possibile, più decise rispetto al “risveglio della forza”. A questo punto ovviamente la Disney va nel pallone e ritorna sui suoi passi, affidando di nuovo il terzo e ultimo capitolo della trilogia a J. J. Abrams, nella speranza di non perdere troppi fan della saga.
Abrams coinvolge nel progetto Chris Terrio, uno che arriva dritto dai cinecomics DC e che curiosamente è nato nel ’76 proprio quando Lucas stava limando gli ultimi dettagli di questa meravigliosa avventura nello spazio.
La storia riparte da Kylo Ren e da Rey interpretati ancora da Adam Driver e Daisy Ridley.
Meno impacciati rispetto all’inizio, anzi completamente nella parte. I loro personaggi sono conflittuali, dolorosi, a tratti tragici ma soprattutto sono l’anima di questa avventura. Perché se c’è una cosa fondamentale da dire su Rise of Skywalker è che questa adesso è la loro storia, la loro conflittualità, il loro universo.
Si, certo, c’è tempo per un ultimo emozionante saluto a Leia Organa e a Carrie Fisher che tanto ha dato alla saga e alle nostre vite. Ci sono anche Luke, C-3PO, Chewbecca ma ormai questo meraviglioso mondo fantasy ha dei nuovi eroi.
Per il resto Star Wars: L’ascesa di Skywalker fa esattamente quello che deve fare: chiudere i conti. Tenendo presente la logica del vil denaro e le esigenze isteriche dei fan, J. J. Abrams cerca di rimediare alla scarsa coerenza tra i primi due episodi della nuova saga e mette pezze qua e là, intrattenendo lo spettatore con tanta furba nostalgia e una storia ruffiana ma coinvolgente.
E sapete cosa? Funziona!!
L’ascesa di Skywalker è sincero, diretto, meno preoccupato di dover piacere a tutti i costi come Episodio VII e meno oltraggioso e politico di Episodio VIII. C’è il rispetto per la memoria comune della saga, ma anche il coraggio di essere idealmente autonomo.
Anche sbagliando, per la prima volta questa avventura cammina da sola.
L’ascesa di Skywalker è la testimonianza del fatto che Star Wars non potrà mai accontentare tutti, ma se per un paio d’ore si smette di pensare al proprio orgoglio ferito e a qualche forzatura narrativa, per il resto si torna ragazzini, ci si diverte e si ha anche voglia di rivederlo.
Che poi è anche il messaggio del film: affrontare la paura di crescere e di diventare qualcuno di diverso rispetto ad un ragazzino o ad una ragazzina che tra gli anni ’80 o i ’90, con la bocca faceva il rumore di una spada laser “per tempi più civilizzati”.
In fondo non era questo lo spirito di George Lucas?