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Red Sea Diving: Chris Evans e lo scrittore di Homeland insieme su Netflix

Tra il 1979 e il 1983 alcuni agenti del Mossad (i servizi segreti israeliani) operanti in Sudan organizzarono una serie di missioni per portare in salvo centinaia di rifugiati ebrei.

Da tempo infatti la popolazione locale fuggiva dalle loro terre natie per mettersi in salvo dall’ostilità nei confronti degli ebrei locali e dalla carestia in Etiopia causata dalla sanguinosa guerra civile.

Partendo dai fatti relativi a due reali missioni segrete, la Operation Moses e la celebre Operation Joshua avallata dall’allora Presidente degli States Ronald Reagan, il regista israeliano Gideon Raff ci racconta i fatti di quei giorni.

Il plot del film parte dall’idea di usare un resort dismesso dal fascinoso nome Red Sea Diving, come punto di smistamento dei rifugiati.

Gli agenti del Mossad, guidati dal determinato Ari Levinson (Chris Evans) dovranno però vedersela con i soldati sudanesi, violenti e senza scrupoli. Insieme ad Ari anche la bella Rachel (Haley Bennett), e Sammy (Alessandro Nivola).

Strano pastiche di generi, o forse sarebbe più corretto di toni cinematografici, questo Red Sea Diving. La pellicola inizia come un film di denuncia storica e di guerriglia africana, tipo L’ultimo re di Scozia. Poi, soprattutto nella fase di reclutamento e nella prima parte di missione, sembra un heist movie alla Ocean’s Eleven. Infine ci si rende conto che il riferimento principale del regista e sceneggiatore è quello di emulare (cosa non facile) Argo. Red Sea Diving, si avvale di un cast d’eccezione composto anche da Greg Kinnear e Ben Kingsley, anche se una menzione a parte va al bravo Chris Chalk, già visto in 12 anni schiavo .

La regia scolastica ma efficace tiene viva una storia solida e ben strutturata, scritta dallo stesso Gideon Raff.

Non a caso l’autore di Gerusalemme, si è fatto un nome proprio come sceneggiatore grazie alla pluripremiata serie tv Homeland. Evans non spicca per le sue doti istrioniche di attore. La sua fisicità da duro dal volto umano, però riporta alla mente il fascino e gli ideali del buon vecchio Captain America. Colui che “non lascia mai indietro nessuno”. Forse proprio questo marcato e un po’ goffo tentativo da parte di Raff nel voler rendere super uomini i protagonisti del film, risulta un filo eccessivo. Il processo di eroicizzazione di Ari, unito alla ingenua visione del Mossad come di un gruppo di teneri ragazzotti che vuole salvare vite umane, sembra un po’ forzato e campanilistico. Escludendo queste “ingenuità” ideologiche e qualche forzatura narrativa, alla fine comunque il film scorre piacevolmente nei suoi 129 minuti.