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Red Road (2006)

I film europei che escono da Festival come Cannes, Venezia, Berlino, non sono semplici film.
Non vanno alla ricerca del guadagno facile, ma vogliono lasciare emozioni e ricordi nello spettatore.
Spettatore che da questi lavori si aspetta un cinema di un più alto livello, di un più alto significato.
E Red Road è proprio questo.
E del resto se esci da Cannes (2006) vincendo il Premio della Giuria non puoi essere un semplice film.

 

Il regista è una donna, Andrea Arnold.
Una dei discepoli di un certo signore danese che qualche anno fa ha stilato una serie di regole.
Dei dogmi più precisamente, che il suo cinema deve rigorosamente rispettare.
Quel signore si chiama Lars Von Trier.
Ed infatti nel film della Arnold queste regole ci sono, perchè Red Road fa parte della trilogia Advance Party.
Tre film, di tre differenti registi esordienti (la Arnold è una di questi), che filmano in digitale, nella stessa ambientazione (siamo in una grigia e fatiscente Glasgow, in Scozia).
E con lo stesso gruppo di attori, che hanno sempre lo stesso personaggio.

Kate Dickie

C’è molto di Von Trier in questo film, e si vede.
Per esempio in uno dei temi del lungometraggio stesso, il viaggio catartico e purificatore che la protagonista deve compiere per fare i conti con un oscuro episodio del suo passato che ritorna a galla nei panni di un uomo, Clyde (
Tony Curran), nemesi della protagonista Jackie (Kate Dickie).

Jackie lavora per una ditta che si occupa di vigilanza privata, ed osserva tramite monitor e telecamere la vita nascosta di una Glasgow desolata, piatta, senza vita.
Come il suo sguardo, una città fantasma, (l’ambientazione di provincia dei film di Ken Loach), e proprio da una di queste telecamere si imbatte, in Clyde.
E da li, da semplice spettatrice, Jackie capisce che il suo passato è tornato.
Che la tormenta ancora, e che qualcosa va fatto, per sistemare quello che lei sa, quello che noi non sappiamo.
Perchè la regista intenzionalmente ci tiene fuori campo da quello che è già successo.
Ci mette già nel mezzo di una storia cominciata, e che solo alla fine capiremo completamente, tenendoci con questo stratagemma incollati allo schermo fino alla fine.
Fino all’ultimo respiro.

Una Glasgow non molto ospitale

E nel mezzo, durante tutto il film, il percorso purificatore di Jackie, che per sistemare tutto, deve sporcarsi le mani, e non poco.
Deve scendere in campo e non essere più osservatrice.
Deve essere protagonista lei, e non lasciare il ruolo principale alle telecamere ed ai monitor (attacco della regista verso quella società vista come un Grande Fratello che mina quotidianamente la privacy di ognuno di noi).
Anche se la strada, la strada rossa a cui ci rimanda il titolo, non sarà affatto facile.

Molto interessante questo lavoro della regista Arnold (già premiata agli Oscar con il suo cortometraggio Wasp), un film che scava come pochi all’interno dell’animo umano, che al contrario della piatta e silenziosa Glasgow, nasconde invece un mondo in continua agitazione e fermento, sempre pronto ad esplodere.
Ottima l’interpretazione della Dickie, che ci ricorda molto nel modo di recitare e nella fisionomia la musa del solito Von Trier, Charlotte Gainsbourg.
Una donna semplice, quasi trasandata, con lo sguardo perso.
Donna che attraverso sofferenza e sacrificio riesce a raggiungere quella salvezza che alla fine della pellicola le regala uno sguardo più vivo e consapevole.

Altra piena dimostrazione di come il cinema europeo, con molti meno fondi, può raggiungere, ( e tranquillamente superare), i grandi blockbuster a stelle e strisce.

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Capo Redattore e Co-fondatore

Grande amante del cinema, e questo è scontato dirlo se sono qua :­) Appassionato da sempre del genere horror, di nicchia e non, e di film di vario genere con poca distribuzione, che molto spesso al contrario dei grandi blockbuster meriterebbero molto più spazio e considerazione; tutto ciò che proviene dalle multisale, nelle mie recensioni scordatevelo pure. Ma se amate quelle pellicole, italiane e non, che ogni anno riempono i festival di Berlino, Cannes, Venezia, Toronto, e dei festival minori, allora siete capitati nel posto giusto.

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