Provate a prendere una giovane ragazzina, dategli poteri telecinetici simili ad un X-Men, e fatela sembrare con una sceneggiatura perfetta il pericolo più grande dell’umanità.
A questo aggiungete solo un altro personaggio, una piccola stanza asettica di un chissà quale quartier generale dei servizi segreti, ed avete creato un horror dieci livelli sopra la stragrande maggioranza di quelli che passano da anni nelle nostre sale.
E’ quello che sono riusciti a fare i registi Alex Haughey e Brian Vidal con il loro film del 2017 Prodigy.
Un film che vive costantemente in quella sottile linea di confine tra il thriller e l’horror, che riprende si un tema già utilizzato dell’adolescente con poteri paranormali che risulta essere una minaccia per sè e per gli altri, ma che stavolta invece di puntare su morti e sangue ci regala invece una storia fatta di sguardi e dialoghi.
Stiamo parlando di quel botta e risposta continuo fra i due protagonisti, la piccola e incazzata Ellie (una bravissima Savannah Liles) e lo psicologo dal tragico passato Dott. Fonda (Richard Neil).
Il dottore viene chiamato da una sua ex compagna di liceo per cercare di trovare quel poco di buono rimasto nella ragazzina, che oltre ad una spocchia che non ha eguali, è anche dotata di poteri telecinetici molto pericolosi, con i quali ha anche ucciso sua madre.
Ed è dal loro incontro che parte il piccolo capolavoro intimista dei due registi.
Uno scambio di battute talmente serrato e perfettamente scritto, in una stanza asettica, fredda, piccola.
Solo Ellie, la sua spocchia, il Dottor Fonda, e la sua voglia di redenzione da un passato tragico.
Non siamo di fronte ad un nuovo Omen, o ad un altro Kevin di Ezra Miller, e non siamo certamente nessuno di quei bambini posseduti di tante brutte pellicole che escono in sala.
siamo nel bel mezzo di un horror / thriller che ha al centro della sua storia una seduta tra paziente e dottore fatta di botta e risposta serrati, di tensione sempre presente ed in crescendo, di pochi ma perfettamente dosati effetti speciali.
Per non rendere il loro debutto nel lungometraggio già perfetto i due registi si lasciano un finale che forse è troppo distante dal resto del tono della pellicola.
Bravissima la giovane Savannah Liles, con quelle sue lentiggini e quel suo musetto perennemente incazzato che ci conferisce sia tutta la sua rabbia e pericolosità, quanto la sua voglia di poter essere una ragazzina come tutte le altre.