Italia. Fine anni 60’. Siamo nel pieno degli anni delle contestazioni e delle proteste.
Gli anni di quella rabbia scesa in strada e che spesso tentò di sovvertire lo Stato e l’ordine stesso delle cose.
Ed è attorno ad uno dei fatti più tristi e sanguinosi di quegli anni che si sviluppa il film di Marco Tullio Giordana, che non è nuovo nel mescolare insieme cinema, storia e politica.
Il fatto qui raccontato è la strage di Piazza Fontana, avvenuta nel 12 dicembre 1969 nel centro di Milano.
Tanti furono i protagonisti da subito legati a quell’ orrendo episodio.
Uno su tutti fu l’anarchico Pinelli, interpretato nel film da Pierfrancesco Favino.
L’altro fu il commissario di polizia Luigi Calabresi, che ha il volto di Valerio Mastrandrea.
Il film di Giordana fa luce su uno dei fatti più sconvolgenti di un periodo buio della storia italiana.
La pellicola poi mette in risalto la spinosa questione della morte di Pinelli.
Morte sulla quale per anni non si è mai fatta la giusta chiarezza.
La storia grazie alle prove degli attori\attrici coinvolti ci porta dentro gli stati d’animo ed i pensieri di quell’ Italia.
Un’ Italia immersa in un fermento sempre più crescente e in un periodo di boom economico ma anche di forte caos politico, dominato da lotte tra lo Stato e chi era contro di esso, ma anche da faide interne ai due stessi schieramenti.
Giordana è molto bravo nel far risaltare i labili equilibri di allora e la sottile linea che c’era tra innocenti e colpevoli, tra Bene e Male.
Come testimonia la figura di Pinelli.
Da attentatore diventa vittima e dello Stato e del movimento stesso di cui faceva parte. Lo stesso commissario Calabresi pagherà a caro prezzo la sua ostinazione nel far luce sul caso Pinelli.
Entrambe le figure sono legate dal loro ideale di “lottare” per quello in cui credevano.
Avevano entrambi un loro codice etico che spesso veniva messo in cattiva luce dagli stessi compagni di pensiero o dal sistema stesso.
Le recitazioni di Favino e Mastrandrea sono come al solito eccellenti.
Tuttavia anche i personaggi che si muovono attorno ad essi si rendono protagonisti di prove da ricordare.
Tra questi Fabrizio Gifuni che interpreta l’allora Ministro degli Esteri Aldo Moro e Luigi Lo Cascio nei panni del Giudice Ugo Paolillo.
La fotografia cupa e plumbea ben si inserisce nel contesto filmico per farci meglio immedesimare nello stato di tensione e caos di quei tristi anni.
Anni in cui una generazione in lotta si è quasi annientata in una lotta senza vincitori nè vinti.
I generi thriller/film storico sono qui ben amalgamati per dar vita ad un prodotto che merita la visione.
Sia per chi quegli anni li ha vissuti, sia per chi li ha solo studiati.
La pellicola ha vinto tre riconoscimenti sia ai David Di Donatello ed che ai Nastri d’Argento 2012.