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Permanent Vacation – A spasso con Jim Jarmusch

“Ora che sono via vorrei essere di nuovo lì. Molto più di quando non ero veramente lì. Diciamo solo che sono una specie di turista…un turista perennemente in vacanza”. Flussi di coscienza di personaggi ai margini e perennemente inadeguati a se stessi e alla società.

Alla fine degli anni ’70 in America stava nascendo un nuovo genere musicale. Band come i Talking Heads o i Blondie di Deborah Harry, oltre ad altri gruppi che ruotavano per lo più intorno allo storico CBGB, si facevano strada. Parallelamente a ciò che stava accadendo in Inghilterra dove gente come Ian Dury o Joe Jackson prendevano le distanze dal punk rock, creando qualcosa di nuovo. E come spesso accade fu una fanzine, Sniffin’ Glue, ad utilizzare il termine New Wave ossia nuova onda. Qualcosa che fosse e suonasse come il punk ma in realtà non fosse e non suonasse punk.

Ecco, il cinema di Jim Jarmusch, che esordisce proprio in quegli anni, è un po’ così. Cinema indipendente su drop out che vivono ai margini delle metropoli reaganiane (in particolar modo NY ma anche Cleveland e New Orleans). Nichilismo, ironia ma anche uno sguardo romantico che strizza l’occhio come la New Wave faceva col pop. Detto ciò approcciarsi a Permanent Vacation opera prima di Jarmusch del 1980, mediometraggio realizzato come tesi di laurea per la New York University, equivale ad una delicata operazione chirurgica. Da un lato c’è il desiderio di dissezionarla e criticarla con onestà intellettuale, dall’altra c’è l’indulgenza ne confronti di un compito universitario realizzato col budget di una utilitaria. Permanent Vacation infatti è da molti considerato un esperimento e non l’opera prima, che di fatto sarà Stranger Than Paradise.

Permanent Vacation rappresenta anche l’inizio di una serie di importanti collaborazioni tra il regista e Tom DiCillo, (direttore della fotografia ma anche documentarista e autore indie molto stimato) o quella con John Lurie, sia come attore che come compositore delle Ost di Jarmusch.

E allora di importante resta solo capire se in questi 70 minuti di cinema sperimentale riusciamo a scorgere gli stilemi del futuro autore di Akron, i suoi vizi stilistici, le sue riflessioni esistenziali e/o i suoi riferimenti cinematografici.

 

Ed è per questo che si può tranquillamente definire Permanent Vacation, un’opera seminale di Jarmusch. Città post apocalittiche, teatro degli orrori sociali ma anche e spesso di movimenti culturali. Allie, come tanti altri personaggi nel cinema di Jarmusch ama vagabondare in questi pertugi socioculturali, nella speranza di incontrare personaggi folli e bizzarri, fin quando, alle luci dell’alba, non si tirano le somme.

E lo facciamo anche noi, Permanent Vacation non sarà il miglior film di Jarmusch ma è conditio sine qua non per comprendere l’opera del poeta di Akron.