Un’ode alla quotidianità, un’opera delicatissima, poetica ed estremamente minimalista. Questo è Paterson, l’ultimo film di Jim Jarmusch, il cantore per eccellenza del cinema indipendente americano.
Sette giorni nella vita di Paterson, giovane autista di autobus che vive a Paterson, New Jersey insieme alla fidanzata Laura e al cane Marvin. Ama profondamente la poesia tanto da scriverla di suo pugno in un vecchio taccuino, in modo umile senza nessuna velleità di condividerla con il mondo. I giorni si susseguono così, in maniera ciclica e ripetitiva: sveglia, lavoro, rientro a casa, cenetta a due, passeggiata serale con il cane, birra al bar. Sette giorni in cui non succede niente ma succede tutto.
Laura e Paterson si svegliano ogni mattina abbracciati, e noi assistiamo al loro risveglio, telecamera dall’alto con inquadratura fissa. Piccole cronache di vita familiare vissute all’insegna della semplicità e felicità. Felicità e semplicità che non vengono mai meno, anche quando un’impercettibile inquietudine cerca di affacciarsi a sovvertire la quietudine.
L’ordine delle cose come tema centrale del film: Paterson vive la sua vita in modo ordinato, mesto, ripetitivo, lascia che essa trascorri in perfetta armonia e utilizza la poesia per scavare nella sua identità, nei suoi sentimenti, per cercare di dare un ulteriore ordine alle cose. Ma la poesia non è ordine, la poesia è arte e l’arte è dirompente, irregolare e a tratti indefinita. Ecco quindi che la poesia stessa diventa a sua volta il mezzo tramite il quale Paterson riesce ad elevarsi da questa monotona routine di azioni sempre uguali a se stesse.
Il mondo stesso non è ordine. Sono quei piccoli disordini a dargli un senso qualunque essi siano: un imprevisto guasto elettrico all’autobus, casuali incontri con bizzarre persone, passaggi surreali di coeniana memoria, il bianco che contrasta con il nero come ogni volta vuole rimarcare l’esuberante ragazza del protagonista.
Sono veramente pochi i film che riescono a trattare di argomenti come la poesia senza sembrare velleitari e banali e Paterson è sicuramente uno di questi. Quello che riesce a Jim Jarmusch è un caso più unico che raro: riuscire a raccontare tematiche infinitamente alte e filosofiche con i piccoli dettagli apparentemente insignificanti della quotidianità. Il mondo e la vita sono fatte di piccole cose, che sembrano niente e che invece forse sono tutto.
Un piccolo capolavoro nella forma ma grande nel contenuto che ha in Adam Driver e nel suo lunatico sguardo il miglior interprete possibile.