Nella vita, poche sono le certezze che si possono avere. L’Estremo Oriente ha molto da insegnare al cinema occidentale: questa è una di quelle poche certezze, per quanto riguarda la mia vita. L’ennesima riprova di ciò è un film sudcoreano del 2016, Goksung – La presenza del diavolo, che d’ora in poi chiameremo con il titolo internazionale, “The Wailing”, per la regia di Na Hong-jin. Si tratta di un horror che trascende le barriere di genere, per proporre una storia molto ampia. Mi spiego meglio: se, solitamente, i film horror vengono caratterizzati a compartimenti stagni, rientrando in questo o quel genere orrorifico, The Wailing è una commistione di tematiche horror che, secondo la mia esperienza, mai è stata vista. Si tratta di un film di zombie ma è anche un film sulle possessioni; è un film sui fantasmi ma è anche un dramma familiare molto commovente; è un thriller capace di creare una gran tensione ma non rinuncia anche a momenti più leggeri.
In un villaggio sudcoreano, Goksung, comincia a diffondersi una strana infezione, attribuita ad un tipo di funghi, ed alcuni violentissimi omicidi hanno luogo. Tuttavia, è credenza comune che questa follia dilagante sia causata da un anziano giapponese (il fantastico Jun Kunimura) molto misterioso giunto da non molto nel paesino. Le indagini vengono affidate a Jong-goo, un poliziotto inetto che fa spesso infuriare il suo superiore. Quando sua figlia, Hyo-jin, si ammala gravemente e comincia ad accusare repentini cambi d’umore e comportamento, Jong-goo comincia a dare la caccia al giapponese, dismettendo i panni del poliziotto “mollaccione” e indossando quelli del padre furioso e disperato, aiutato sia dal cugino decano di un suo collega che dai suoi amici, oltre che da uno sciamano interpellato dalla nonna di Hyo-jin.
La potenza di questo film risiede nell’eleganza e nella maestria di Na Hong-jin nell’unire insieme elementi così differenti senza creare un “mappazzone” confuso. Gli zombie, i fantasmi, le possessioni e ogni singolo ingrediente di The Wailing si unisce alla perfezione al resto, il tutto è perfettamente coerente. E, soprattutto, la sua durata non trascurabile (due ore e mezza) non rappresenta affatto un ostacolo alla visione. Il ritmo del film si mantiene alto costantemente, con qualche indispensabile calo nei momenti più intensi, e gli oltre 150 minuti scorrono veloci, senza intoppi e, soprattutto, senza jumpscare. Hong-jin sa come fare paura (paura, non spavento. Atmosfera, non BUH!), grazie ad una fotografia cupa, una regia pacata che si affida a lenti movimenti, un montaggio ben ritmato ma non eccessivamente. The Wailing è un film che fa veramente paura. Perché fa paura? Perché sa farci appassionare a Jong-goo e alla sua famiglia, cominciamo a voler veramente bene al padre “pacioccone” e alla bimba simpatica e sorridente, grazie ad una prima parte puramente descrittiva che ci introduce nel loro mondo.
Come molto spesso accade nel cinema horror, anche in The Wailing si ha una forte componente di critica sociale. La denuncia più evidente è quella alle forze dell’ordine: i poliziotti presenti nel film sono sempre molto poco efficienti, sbadati e sanno regalare momenti al limite del comico, come nella scena in cui, di notte, una strana donna spaventa Jong-goo ed il collega, la cui reazione è assai divertente ed estremamente sopra le righe. Solo quando comincia a farsi giustizia da solo, spogliandosi momentaneamente delle vesti del poliziotto, Jong-goo diventa quasi un duro, violento e spietato, mentre dà la caccia al misterioso giapponese. La giustizia, sembra suggerire Hong-jin, non va affidata agli organi statali, che sono inaffidabili ed incapaci. Bisogna agire in prima persona, anche se ciò, alla fine, potrebbe risolversi in tragedia.
Un applauso, dunque, a Na Hong-jin, abilissimo nel superare quella che potremmo definire come “logica dell’aut aut” che domina il panorama horror mondiale: un horror, solitamente, O appartiene a quel genere O appartiene a quell’altro. The Wailing no. The Wailing si pone al di sopra delle etichette e si avvicina allo status di capolavoro dell’horror moderno. Da recuperare assolutamente.