Dopo l’eccellente lavoro che nel lontano 1990 Tim Curry e Tommy Lee Wallace erano riusciti a proporci aiutati anche dal magnifico romanzo di Stephen King con “IT” , per qualsiasi altro regista ed attore confrontarsi con questo personaggio risulta sempre difficile e proibitivo.
In tanti c’hanno provato, ma nessuno fino ad ora è riuscito a scalfire l’aura di paura, terrore e di popolarità di cui Pennywise gode dal momento della sua creazione.
L’ultimo in ordine di tempo a cercare di creare un nuovo mostro dal rosso naso e dal bianco trucco è stato Eli Roth, che già in passato c’ha dimostrato più e più volte come nel mondo dell’horror lui si sappia muovere molto bene (basta solo nominare due produzioni come “Cabin fever” e “Hostel” ).
Se in quei lavori però erano prima un virus e poi la componente “torture” a farla da padrone, nel suo ultimo lavoro “Clown” la dimensione è un’altra : quella del mostro. Quell’ essere che è sempre stato associato al divertimento dei bambini, ma che è sempre stato accompagnato da quell’ aura di terrore e paura insita nel suo volto.
Sebbene però nelle precedenti pellicole Roth ci aveva abituato bene e con questo ultimo lungometragio potevamo pensare ad una nuova figura capace di sostituire o almeno concorrere con quella di Pennywise signori e signore, ci stiamo sbagliando di grosso.
Si perchè nonostante alcuni spunti che potevano essere buoni e che analizzeremo di seguito, di errori in questo film ne sono stati fatti tanti.
Andiamo con ordine. Questo Clown non viene ne dalle fogne ne da chissà quale pianeta. Ha semplicemente le sembianze del classico padre di famiglia, Kent (Andy Powers), uomo dedito al lavoro, marito fedele e sposato con Meg (Laura Allen).
Il giorno del compleanno del suo figlioletto Jack accade un imprevisto : il clown assoldato per la festa non può presentarsi ed il buon Kent casualmente decide di vestirsi lui da pagliaccio trovando “molto casualmente” un vecchio abito da Clown. Tutti contenti, festa riuscita a mille, ma questo dannato vestito, non vuole più togliersi dal corpo di Kent, naso e parrucca compresi.
Si perchè l’abito (altra trovata geniale ma spiegata in 30 secondi di film) è invece la pelle di un demone, il Cloyne, che nel bianco e nevoso Nord si divertiva a “prelevare” più bambini possibili da utilizzare come suo pasto quotidiano (da notare qui il richiamo a “IT” , nella stessa dieta preferita dei due pagliacci).
E da qui comincia la trasformazione, la fame che diventa incontrollata, le attenzioni poco raccomandabili che aumentano sempre di più da parte di Kent sui bambini che incontra, il vestito che diventa un tutt’ uno con la pelle dell’ uomo, fino ad essere parte del suo corpo, che durante il film è in costante mutazione.
Fino a qui qualcosa di buono lo possiamo anche trovare : l’idea di una trasformazione corporea in cui un uomo ed un abito diventano una cosa sola non era male, le continue mutazioni fisiche e psicologiche di Kent non sono da buttare via, e l’elemento demoniaco che sta dietro alla figura del clown poteva essere un qualcosa di alternativo.
Ora veniamo alle note dolenti. E non sono affatto poche. L’aura demoniaca dell’abito così come tuta la storia del “Cloyne” hanno durata pari a minuti due.Il modo in cui il vestito salta fuori è troppo frettoloso e casuale.
Le interpretazioni degli attori non sono affatto da ricordare. Ne Powers, ne la Allen ne il John Abruzzi di “Prison Break” , alias Peter Stormare aggiungono il giusto pathos al film.
Il livello di tensione è troppo basso, il film specialmente all’ inizio prende troppe pause, non c’è la sensazione dello “sta per accadere qualcosa di brutto”, e nonostante le vittime della storia siano solo bambini, il lato cruento e terrificante del Clown lo vediamo in tutta la sua natura solo negli ultimi 15 minuti di film.
Il tutto fa si che nello spettatore momenti di angoscia e spavento siano veramente pochi, quasi tendenti allo zero durante lo scorrere della pellicola, mentre invece presenti sono gli attimi in cui la bocca di un qualcuno può spalancarsi per un ben eseguito sbadiglio (cosa che in un horror mai dovrebbe accadere).
Insomma, il clamore era tanto, l’attesa anche, ma come era successo per la bambola Chucky all’uscita di Annabelle, possiamo ancora una volta rassicurare It e Tim Curry di poter dormire sonni tranquilli in quanto il loro trono dopo un film del genere non è minimamente a rischio.
Si poteva e si doveva fare ed osare molto molto di più.
Quello che invece è venuto fuori è un prodotto difficile da superare in bruttezza.
E la prossima estate si gira il remake di “IT“, diretto da Cary Fukunaga e di cui già si conosce l’identità di Pennywise (Will Poulder).
Possiamo ancora superarci (in peggio).
LUNGA VITA A PENNYWISE