Home Rubriche Outsider Nenad e la polveriera dei Balcani: ENKLAVE (2015)

Nenad e la polveriera dei Balcani: ENKLAVE (2015)

I Balcani. Una puzzle che per troppi anni è stato tenuto in regime di convivenza forzata.
La filastrocca che ha accompagnato questa parte d’Europa la conoscono in molti.
Per chi non la sapesse invece la scriviamo qui: 6 Stati, 5 Nazioni, 4 Lingue, 3 Religioni, 2 Alfabeti, 1 Tito.


Proprio dopo la morte del generale il puzzle balcanico ha cominciato ad avere i primi scricchiolii, che hanno portato alla guerra del 1994, dove solo dopo molto sangue, molte morti e molta distruzione si è arrivati al totale scioglimento della Jugoslavia.
Ma dopo quei tragici eventi era ancora rimasta una miccia accesa, un problema irrisolto.
Quello del Kosovo.
Un caso spinoso che dieci anni più tardi avrebbe portato allo stesso tragico lieto fine della guerra del 1994, a raggio più ristretto.
Ma con conseguenze altrettanto devastanti.

Nel film di Goran Radovanovic siamo infatti in una zona del territorio Kossovaro abitato da una radicata etnia serba, l’enclave del titolo. Un popolo cattolico che si trova all’interno di una più ampia comunità a totale stampo musulmano.
E’ in questo sfondo che ogni giorno, scortato da un carro armato dell’Onu, il piccolo protagonista della storia, Nenad, si reca a scuola.

A scuola col blindato

Una scuola dove ad attenderlo c’è solo la maestra.
Non ci sono altri compagni.
Maestra che poi un giorno lo abbandonerà per un lavoro più remunerativo e più tranquillo (si spera) nella serba Belgrado.

Radovanovic grazie al piccolo Nenad ci porta in un territorio quasi desolato, dove sembra non ci sia vita.
E dove la miccia dello scontro etnico sembra solo in apparenza essersi placata.
I grandi, i padri, quelli che hanno vissuto l’orrore della guerra, più o meno inconsapevolmente hanno trasmesso questo odio, questa diffidenza verso l’altro anche ai propri figli.

Nenad sembra invece non scendere a questo compromesso.
Tuttavia dovrà confrontarsi con dei coetanei albanesi il cui primo impatto non sarà di certo facile.

Dura la vita nei Balcani

E così tra un viaggio scortato e l’altro, il regista ci mostra attimi della vita privata delle due comunità.
Quella cattolica serba e quella musulmana albanese (scena chiave quella del funerale e del matrimonio).
E grazie ai giovani ragazzi delle due etnie ci mostra un possibile spiraglio per il superamento di queste differenze socio-culturali.
Pur rendendoci consci che il passato non si potrà cancellare definitivamente.

E che a volte, forse, siamo meno soli in terra straniera che quando ci troviamo nella nostra terra e coi nostri coetanei.
Una pellicola che senza scene forti e senza ricorrere all’uso di sangue o violenza che tanto hanno martoriato queste terre ci fa ben comprendere come la strada verso un futuro migliore in queste zone sia ancora lunga, lasciando alle generazioni future il compito di riscrivere la storia, eliminando guerre, differenze e pregiudizi.

Una pellicola che inquieta sfruttando i lunghi silenzi, che fa sembrare normali atteggiamenti che normali non sono.
Sia nel bene che nel male.
E che ha al centro della sua storia un piccolo protagonista, che non piange, non si lamenta, non si dispera. Ma va avanti, sempre e comunque, e perdona.

Tutto e tutti.

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Capo Redattore e Co-fondatore

Grande amante del cinema, e questo è scontato dirlo se sono qua :­) Appassionato da sempre del genere horror, di nicchia e non, e di film di vario genere con poca distribuzione, che molto spesso al contrario dei grandi blockbuster meriterebbero molto più spazio e considerazione; tutto ciò che proviene dalle multisale, nelle mie recensioni scordatevelo pure. Ma se amate quelle pellicole, italiane e non, che ogni anno riempono i festival di Berlino, Cannes, Venezia, Toronto, e dei festival minori, allora siete capitati nel posto giusto.

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