La storia che ci racconta il film di Giovannesi è quella di un immigrato sedicenne di seconda generazione, Nader, che vive a Ostia, con la sua famiglia.
Ci viene mostrata una settimana della vita del ragazzo, e del suo modo di poter al meglio combinare la cultura e i modi di essere del paese occidentale in cui vive (l’Italia), e quella più restrittiva (soprattutto per un giovane) del suo paese natio (Nader è egiziano).
Ecco così che uno dei suoi maggiori problemi sarà farsi accettare dalla famiglia della sua ragazza Brigitte, anche lei italiana come il suo migliore amico Stefano, con cui condivide avventure più e meno pericolose (la caccia all’uomo che un gruppo di rumeni organizza per punire Nader dopo una rissa in discoteca ne è un esempio).
Il regista ci mostra il percorso di maturazione che Nader deve compiere per provare a fondere le due culture che influenzano la sua vita.
Quella islamica e quella occidentale e trovare il suo posto nel mondo.
Nel film questo dualismo lo si può vedere in alcuni particolari. Nader non ha in realtà gli occhi azzurri, ma neri, come gli abitanti del suo paese natio, e porta un paio di lenti colorate per dare un altro colore ai suoi occhi.
Subito dopo l’inizio del film poi la famiglia lo allontana di casa (quasi a voler simboleggiare l’abbandono momentaneo della propria cultura per esplorarne una nuova) e il giovane si ritrova così in mezzo a notti passate all ‘aperto, nella metropolitana, sulla spiaggia, o in una piccola stanza assieme ad altre persone senza fissa dimora come lui.
Giovannesi ci mostra il tutto in modo realistico e non lascia molto spazio alle emozioni ma ad una più razionale riflessione sul tema dell’integrazione giovanile al giorno d’oggi.