Home Rubriche Outsider Mio figlio – Guillaume Canet padre disperato nel dramma di Christian Carion

Mio figlio – Guillaume Canet padre disperato nel dramma di Christian Carion

Julien Perrin (Guillaume Canet), è un uomo perennemente in viaggio, un professionista che ha scelto dichiaratamente di sacrificare la propria vita privata per il lavoro.

Divorziato e con un figlio di sette anni, Julien viene avvertito da una telefonata dell’ex consorte (Mélanie Laurent) che il piccolo Mathys (Lino Papa) è sparito durante una sorta di campeggio. Secondo le prime ricostruzioni della polizia locale pare sia stato un rapimento. Preso dallo sconforto e dal terrore, l’uomo comincia una personale caccia all’uomo. Un’indagine privata che lo porta a mettere a nudo la verità che si cela dietro questo raggelante avvenimento.

Dopo il successo nazionale del film storico Accada quel che accada il regista Christian Carion ritorna ai ritmi serrati (ma non alle tematiche) di L’affaire Farewell. Ancora una volta si affida all’attore e regista Guillaume Canet (Piccole bugie tra amici e Blood Ties – La legge del sangue).

L’autore scrive invece la parte della moglie alla brava e bella star francese Mélanie Laurent (nota al grande pubblico per Bastardi senza gloria e Now You See Me).

Girato in soli sei giorni di riprese e con un piccolo cast, questa pellicola immediata e scarna fa dell’arte della sottrazione la sua migliore qualità. Da ogni punto di vista, narrativo, tecnico e recitativo, il film di Carion arriva al dunque senza perdersi mai in virtuosismi o vezzi stilistici.  “Mon garçon” attinge per ovvie ragioni ad un’idea di cinema più hollywoodiana, rispetto a gran parte dei prodotti transalpini. Il film segue un’ideale linea che parte da Commando e arriva a Taken. Ovviamente il risultato è diverso perché Christian Carion non vuole intrattenere lo spettatore ma catapultarlo dentro la storia e soprattutto dentro un primordiale ed animalesco istinto di protezione paterna. Tutto il resto importa poco. L’ambientazione stessa è allegoria della natura ferina di un uomo a cui hanno sottratto un figlio.

L’immediatezza recitativa compensa la scarna silouette psicologica dei protagonisti, il dolore materno della Laurent è quasi impercepibile.

La storia non approfondisce, né amplifica il potenziale narrativo della vicenda. Ma proprio questa sottrazione conferisce al film un’aurea da thriller semplice ma non semplicistico e una durata snella.