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Light of My Life – La Recensione

Nuovo interprete del cinema indipendente americano, Casey Affleck, dirige la sua prima pellicola di pura fiction Light of My Life.

Già premio Oscar per Manchester by the Sea, e a nove anni di distanza dal meraviglioso mokumentary Joaquin Phoenix – Io sono qui!, Affleck si butta artisticamente alle spalle le sue personali vicende giudiziarie.

Presentato alla Berlinale 2019 e successivamente alla Festa del Cinema di Roma, il film è una è un’affascinante avventura tra le nevi di un’America post-pandemica, disperata e malconcia. Una dark tale in un temibile futuro distopico che ha come protagonisti un padre (Casey Affleck) e una figlia (Anna Pniowsky) appena 11enne.

L’unica preoccupazione dei due viandanti è sopravvivere. Non dare troppo nell’occhio, ma soprattutto fuggire da un costante pericolo. La piccola Rag infatti è un vero miracolo, una delle poche sopravvissute di sesso femminile, poiché inspiegabilmente immune ad un virus che ha sterminato tutte le donne del pianeta. La piccola dovrà dunque camuffarsi da maschiaccio e farsi chiamare Alex dai pochi uomini che i due incontreranno per strada.

Intimo e ambizioso il film, scritto dallo stesso Affleck, è un opera prima intensa e affascinante.

Light of My Life sia visivamente che narrativamente attinge a The Road di Cormac McCarthy e all’omonimo film con Viggo Mortensen.

Ma ciò che colpisce di più di questo piccolo gioiello non sono gli elementi formali e/o estetici. La pellicola rimarrà nel cuore principalmente per i meravigliosi dialoghi padre/figlia, che danno un senso di autenticità a tutta la vicenda. Un pertugio emotivo dove l’autore sembra voler invitare lo spettatore ad entrare. Una confort zone familiare tra le delicate e intime dinamiche tra i due protagonisti.

Per tutta la durata del film si ha la sensazione di vedere una storia che parla dell’essere genitore e di guardare alla paternità come una meravigliosa quanto difficile avventura fatta di apprensione e di amore. Poi alla fine la prospettiva si ribalta e si scopre che la vera protagonista è proprio la piccola Rag.

La sua parabola si compie (Spoiler Allert) quando salva la vita di entrambi proprio con quel fucile che il padre non voleva che usasse. Appare evidente la metafora non scontata sui limiti oltre il quale non può arrivare l’educazione genitoriale, anche quella maggiormente motivata e affettuosa.

Ci sono cose che Rag dovrà imparare da sola con la forza di volontà e l’amore ricevuto, realizzando così che la vita «it’s a love adventure».