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JAMovie incontra: Daniele Misischia, regista di The End

Daniele Misischia

Oggi JAMovie ha il piacere di intervistare il regista romano Daniele Misischia, conosciuto dai più per il suo horror The End? L’inferno fuori (qui la recensione).

Dopo vari cortometraggi e film a low budget, The End? L’inferno fuori è approdato nelle sale italiane quest’anno. Così, Daniele Misischia con coraggio ha riportato in voga in Italia il genere horror.

Daniele Misischia

Grazie per la collaborazione. Per cominciare, quando e come ha avuto origine il tuo amore per il mondo del Cinema? C’è stato un determinato regista, un film, una vicenda, che ti ha spinto verso la Settima Arte?

Grazie a voi. In realtà la mia passione per il cinema è nata quando ero molto piccolo. Ho sempre desiderato poter raccontare storie e “giocando” con una vecchissima videocamera vhs mi sono reso conto che il modo più immediato per farlo, per me, era quello delle immagini in movimento. Poi nella mia vita ho avuto la fortuna di incontrare persone che hanno alimentato questa mia voglia di raccontare storie e mi hanno ispirato e supportato.

In questa tua già notevole esperienza come regista, il tuo genere favorito sembra essere l’horror, o almeno la strada che hai intrapreso appartiene ad esso. Quali pellicole hanno influenzato questa tua scelta artistica e quali sono le tue maggiori fonti di ispirazione a livello registico-autorale, in ambito sia italiano che internazionale, di tutti i giorni?

In realtà, come dico sempre, l’horror non è il mio genere preferito, ma il genere con cui sono cresciuto.

In realtà adoro alla follia il noir, il crime, la fantascienza e l’action ma raccontare storie horror è una necessità che ho dentro. Forse perché l’horror, sin da quando ero ragazzino e noleggiavo le VHS dei film di Carpenter, sento di averlo nel sangue.

In passato hai improntato le tue idee anche nel mondo del thrilling con il docu-film Il giorno dell’odio. Ti piacerebbe un giorno cimentarti di nuovo in atmosfere che vanno al di fuori del cinema dell’orrore?

Assolutamente si ed avete fatto bene a nominare Il Giorno dell’Odio, un film ormai vecchio ma che sento ancora come qualcosa di molto personale. Il genere crime (di strada) è forse il genere che mi piacerebbe di più riaffrontare.

Daniele Misischia

Fino ad adesso hai realizzato molti lavori, tra cui cortometraggi, a basso costo. Secondo la tua opinione e la tua esperienza, quant’è difficile oggi in Italia poter trovare risorse per realizzare i propri film?

E’ molto difficile perché c’è ancora troppo poco coraggio, ma il solo fatto che sia riuscito a girare un film di zombie in Italia è la prova concreta che qualcosa (molto lentamente) stia cambiando.

Veniamo al film The End – L’inferno fuori, il tuo ultimo e grande successo nel panorama italiano: com’è nata l’idea che è alla base del tuo film? Raccontaci, se puoi, un aneddoto simpatico avvenuto durante le riprese.

In realtà io e Cristiano volevamo raccontare la storia di un poveraccio rimasto bloccato dentro l’ascensore durante la fine del mondo e volevamo metterci alla prova con quel sotto-genere di film ambientati tutti dentro una location. Non ci sono aneddoti particolarmente significativi legati alla produzione del film, ma posso dirti che per caricare Alessandro Roja prima di scene movimentate o d’azione, sul set, sparavamo a palla musica grind-core.

Qual è stato (se c’è stato) il momento più difficile durante la lavorazione di The End? E quale invece quello più emozionante?

Non ci sono stati momenti difficili, la lavorazione è filata sempre liscia come l’olio anche grazie al totale supporto dei produttori: Manetti Bros. e Carlo Macchitella.

Il momento più emozionante sicuramente è stato entrare per la prima volta in studio e vedere completamente ricostruito il set che io e Cristiano avevamo descritto in sceneggiatura. Il lavoro del reparto scenografia è stato eccezionale.

In The End ci sono chiari riferimenti cinematografici, in particolare al cult horror di Danny Boyle 28 Giorni Dopo e ai Demoni del nostrano Lamberto Bava. C’è un regista in particolare che ha stimolato la tua capacità creativa per realizzare il tuo film?

Sicuramente tutto il cinema di Alfred Hitchcock e la sua costruzione della tensione. Poi, ogni volta che giro un certo tipo di scene c’è sempre il grande Sam Raimi che sbuca fuori come grande ispirazione.

Daniele Misischia

The End si collega direttamente al filone degli zombie movie, pur mettendo in scena in realtà delle persone infette. Quali sono i tuoi tre zombie movie del cuore?

Zombi di Romero, film pazzesco ed ancora attualissimo, 28 Giorni dopo di Boyle che è un perfetto esempio di action/horror e poi al terzo posto aggiungo un bellissimo videogioco dai toni molto cinematografici: The last of us.

Il tuo è un film diretto che lascia, tuttavia, un alone di mistero per tutta la sua durata grazie al vedo-non vedo. Qui si apprezza molto la scelta registica della violenza fuori campo, allo scopo di mostrare allo spettatore soltanto ciò che vedono gli occhi del protagonista.

Ma è stata una scelta totalmente artistica o dettata in parte anche dalla censura italiana? Quanto è difficile riuscire a fare horror in Italia in questo periodo?

La violenza nel film è stata volutamente dosata. Non volevo fare un film splatter di nicchia e non volevo la ghigliottina della censura sulla testa. In realtà posso dirti però che tutte le scene più violente o sanguinose sono state molto apprezzate da Rai Cinema.

Credi che il tuo film, assieme al Suspiria di Luca Guadagnino e il prossimo Il Signor Diavolo di Pupi Avati, potrebbe essere un buon punto di partenza per la rinascita del genere in Italia? Che suggerimenti daresti in merito a un ragazzo/a che vuole cimentarsi, oggi, come regista nel cinema indipendente e dell’horror?

Questo non ve lo so dire, lo vedremo col tempo.

Abbiamo avuto ottimi esempi di film di genere italiani negli ultimi anni e spero che questa “tendenza” si allarghi sempre di più fino magari ad arrivare ad avere 10 o 15 film di genere italiani all’anno. Un giovane regista dovrebbe girare il più possibile per migliorare la propria tecnica e capacità di racconto. Circondarsi di persone con la sua stessa passione che possano aiutarlo, partecipare ai festival con i propri lavori. E soprattutto non perdersi d’animo se i propri corti vengono respinti.

Poi una cosa che dico sempre è di sacrificare tutto (nel limite del possibile) e di concentrarsi al 100% sulla voglia di raccontare storie. Se non c’è quella è inutile anche solo provarci.

Daniele Misischia

Ci sono attori in particolare che ti piacerebbe dirigere un giorno o registi con cui sogni da sempre di poter collaborare?

Mi piacerebbe molto lavorare con la giovane Matilda De Angelis. Penso sia una bravissima attrice con un eccezionale carriera davanti. Ultimamente mi ha colpito moltissimo anche il bravissimo Alessandro Borghi.

Noi abbiamo conosciuto un regista che si è fatto strada con molta fatica e passione dall’underground al grande schermo con ottimi risultati, spinto da un puro amore verso il cinema, ma chi è Daniele Misischia nella vita ordinaria?

Un appassionato di cinema che sogna di vivere facendo ciò che ama e che con gli anni si è circondato di persone meravigliose.

Per il resto sono una persona normalissima che si diverte con poco, che quando può guarda 3 film al giorno, e che ama alla follia il sushi, i fumetti ed i videogames… e che detesta i rompi coglioni!

Hai già dalla tua parte dei progetti a cui vorrai lavorare per il futuro? A quando un nuovo horror firmato Daniele Misischia?

Con Cristiano e con i produttori, i Manetti Bros, abbiamo iniziato a parlare di un nuovo horror, ma molto diverso da THE END? Ma è ancora troppo presto per parlarne. Posso anticiparti che ho realizzato un pilota per una serie action/thriller che stiamo cercando di vendere!

E infine, un piccolo saluto!

Intervista a cura di Cherry e Davide D’Andrea