Oggi il team di JAMovie incontra il regista ed il cast di Die by Desire, secondo lungometraggio della DEMODAMI Studios, casa di produzione fondata da David Milesi e Diandra Elettra Moscogiuri, e le cui riprese si terranno a settembre 2025.
L’uscita del film è prevista invece per il 2026.
Nel seguente articolo conosceremo più da vicino il regista David Milesi, e due delle protagoniste femminili del cast, la già citata Diandra Elettra Moscogiuri, e Margherita Scotti.
Prima di passare alle interviste, un saluto ai fan di JAMovie da Diandra Elettra Moscogiuri :
DAVID MILESI (REGISTA)
Domanda scontata, forse, ma non troppo: quando e come nasce la tua passione per il cinema? Hai iniziato a girare e scrivere film a undici anni. Come è nata la tua passione per la regia?
È difficile rispondere, mi piace raccontare di non aver mai avuto scelta. I miei genitori mi portarono al cinema quando avevo cinque anni, e la cosa ironica è che la prima volta ero completamente terrorizzato. Eppure, rimasi folgorato dall’esperienza della sala, e da quando è venuta a mancare mia madre, io e mio padre iniziammo un rito quasi quotidiano. Il cinema è una via di fuga, certo, ma anche uno specchio, un modo per guardarci dentro. Ho avuto un’infanzia un po’ accidentata, come tanti, e il cinema è stato una sorta di psicologo: non dava risposte, ma poneva sempre le domande giuste.
Trovo che raccontare storie sia un buon modo per essere sinceri. Nella vita di tutti i giorni, che lo si voglia o no, performiamo. Ci adattiamo ai contesti e alle persone, tendiamo a nascondere le nostre fragilità. Nel cinema, invece, quelle fragilità diventano il cuore di tutto.
Il primo lungometraggio prodotto dalla tua casa di produzione DEMODAMI Studios, insieme a Diandra Elettra Moscogiuri, è stato Dead Star, per il quale hai ricevuto il premio come miglior regista e miglior film d’esordio al Stockholm City Film Festival e al Paradise Film Festival. Cosa hai provato quando hai ricevuto questi premi? Cosa si prova a vedere proiettato sul grande schermo un tuo film?
Ricevere quei premi è stato a dire il vero un sollievo. Saper di non aver buttato sei anni di lavoro in un film che non piace a nessuno è confortante, è stata una bella soddisfazione. Vederlo sul grande schermo, invece, è stata un’esperienza strana: l’abbiamo montato e rimontato così tante volte che ormai non ricordavo nemmeno quale sarebbe stata la scena successiva. Anche se me lo chiedessi adesso, non saprei esattamente ricordarmi in che sequenza è stato montato.
Parliamo del vostro film Die By Desire, le cui riprese inizieranno a settembre 2025. Com’è nata l’idea del progetto, la scelta del cast e del tema del film?
La cosa curiosa è che Die by Desire nasce come prequel di Un Bellissimo Inferno, una sceneggiatura che teniamo nel cassetto da anni, aspettando di sentirci pronti per portarla sul grande schermo. Al contrario di Dead Star, che è un film molto freddo e cinico, volevamo fare un film molto più caldo e intimo, drammatico ma con un tocco di leggerezza e comicità, anche se alcune scene risultano molto crude, e con una componente erotica che apprezzo sempre nel cinema.
La scelta del cast è nata prima del film, a noi piace scrivere immaginando già il volto dell’attore. Crediamo che sia l’attore stesso a suggerci le sfumature del personaggio attraverso la sua essenza.
Qual è il messaggio principale che vuoi lasciare allo spettatore con Die By Desire? Quali sono le tue aspettative per questo lungometraggio?
Non credo di avere la pretesa di dare un messaggio, al massimo vorrei proporre una riflessione. Con Die By Desire sentivamo l’urgenza di raccontare qualcosa di universale: il desiderio, quella forza che spinge e consuma, che ci tiene vivi anche mentre ci sfugge. Tutto parte da una frase, quella che apre il film: ‘È meglio morire di desiderio che vivere senza sogni.’ Questo film esplora l’importanza dei sogni e dei desideri, anche di quelli irrealizzati, soprattutto di quelli irrealizzati: sono un motore silenzioso che ci spinge a non fermarci e a non accontentarci. È una celebrazione di quella tensione irrisolvibile che chiamiamo vita.
Sono entusiasta all’idea che la sceneggiatura venga pubblicata da Edizioni Effetto con il titolo Morire di Desiderio. Perché pubblicarla prima del film? Ci siamo detti: perché no? La sceneggiatura è già un desiderio, una sorta di diario segreto che aspira a diventare immagini e suoni. Bisogna anche essere consapevoli che questa cosa non si manifesterà mai esattamente come la si è immaginata. Ed è questo il bello: gli attori, il direttore della fotografia, il suono, tutta la troupe le daranno una vita propria. Inoltre, con questa pubblicazione ci piace l’idea di lasciare al lettore l’occasione di essere regista.
Come regista, qual è la cosa più impegnativa nello svolgere questo ruolo? E quale aspetto ti piace di più?
La sfida più grande è avere a che fare con tante persone, ma è anche la cosa che amo di più. A differenza della scrittura, sul set non sei mai solo: è un lavoro di squadra, dove ognuno contribuisce a creare qualcosa di unico. Ed è proprio questo che lo rende magico.
Oggi sei regista e produttore. Il David Milesi di domani sarà ancora così? C’è un regista al quale ti ispiri?
Sì, credo che il David del domani sarà ancora così, ma spero anche di spaziare in altri ambiti. Mi piacerebbe mettermi alla prova con i costumi o le scenografie, esplorare altri modi di raccontare una storia. I registi ai quali cerco di ispirarmi sono tanti: riguardo ai grandi nomi del passato, direi soprattutto Fellini e Leone. Riguardo agli artisti del presente, mi ispiro a Damien Chazelle, Luca Guadagnino e Sean Baker. Anche se devo ammettere che, per questo film, la serie di videogiochi Life is Strange è stata di grande ispirazione. La costruzione narrativa dei personaggi mi ha arricchito molto come sceneggiatore.
Cosa consiglieresti a un ragazzo o a una ragazza che oggi vuole cimentarsi nel mondo del cinema, in particolare nella regia?
Consiglierei di iniziare. In qualche modo, ma iniziare. Buttati, prova, scopri cosa ti piace fare. È un lavoro che richiede un impegno sconfinato. Abbiamo tutti in tasca uno strumento potente per fare riprese, può bastare quello per cominciare. Sbaglia il più possibile, perché gli errori insegnano più di qualsiasi scuola. E, soprattutto, guarda il mondo e le persone con curiosità.
Come giudichi lo stato di salute attuale del cinema italiano?
Mi sembra che il cinema italiano stia vivendo un momento di ripresa nonostante i fondi statali non aiutino gli esordienti. Ci sono registi coraggiosi, come i fratelli D’Innocenzo, che hanno avuto il coraggio di portare al cinema una serie intensissima di cinque ore come Dostoevskij. È un segnale forte, che dimostra che si può ancora osare.
Chi è David Milesi nella vita di tutti i giorni? Cosa ti rende felice oggi?
Sono una contraddizione vivente, come tutti, credo. Da un lato, sono disciplinato: lavoro sodo e mi alleno ogni giorno. Dall’altro, amo godermi la vita: bere vino, mangiare bene e lasciarmi andare. Mi rendono felice le cose semplici: cucinare, gli aperitivi, fare la spesa, osservare il sole che si tuffa nel tramonto. E soprattutto, lavorare con la mia collega e migliore amica, Diandra.