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L’incredibile storia dell’isola delle Rose – Recensione

Sydney Sibilia ritorna sugli schermi con una nuova pellicola sulla libertà e il rischio, attraverso “L’Incredibile storia dell’Isola delle Rose”.Il nuovo lungometraggio, tratto da fatti realmente accaduti, è visibile dal 9 dicembre sulla piattaforma streaming Netflix.

La pellicola ripercorre la vera storia del rivoluzionario Giorgio Rosa. E’ l’estate del ’68, quella dei moti giovanili che urlano più diritti e cambiamenti. In questo contesto, Giorgio, giovane neo laureato in ingegneria, incompreso da tutte le persone che ama, famiglia e (ex) fidanzata, soffre sempre più il soffocamento nel quale la società getta i giovani, con le sue regole e limiti.

Come atto di ribellione, costruisce una piattaforma artificiale, simile a una petroliera, al largo di Rimini e fuori dalle acque territoriali, riconoscendosi come stato indipendente, con una propria lingua. La risposta del governo italiano, non si farà attendere, creando un contrasto senza precedenti per lo Stato italiano.

La piattaforma creata da Giorgio

L’isola delle Rose nasce da una sceneggiatura in collaborazione tra Sydney Sibilia e Francesca Manieri (Il Primo Re, Smetto quando voglio). Sibilia aveva già fatto parlare di sè nel 2014, grazie a “Smetto quando Voglio”, sua opera d’esordio. Il film è una commedia a sfondo sociale, mirata a mostrare e criticare il modo in cui la società si rapporti ai giovani e come essa ponga loro dei limiti. Il risultato è rappresentato da un numero consistente di giovani che fugge o è disoccupato, a causa di una vera non-curanza.

Con L’incredibile storia dell’Isola delle Rose, Sibilia e Manieri continuano e sviluppano la loro linea. E’ la storia di un’utopia e della voglia di andare oltre i limiti, quegli stessi limiti che nascono quando la società si cristallizza nel proprio status quo. Nella realtà, Giorgio Rosa costruì la piattaforma nel 1958, un decennale prima degli anni in cui la storia filmica prende vita. Un cambiamento importante, voluto espressamente dai due sceneggiatori, per tingere di ulteriore impeto rivoluzionario il gesto di Rosa.

La costruzione di una sorta di nuova isola felice, in pieno periodo di contestazioni giovanili, potenzia ulteriormente il gesto. Lo rende carico di spinte di libertà, di vita e di espressione. Parliamo del periodo della disinibizione sessuale, dell’approccio liberale, delle urla alla libertà di mostrarsi. L’Isola delle Rose riesce a ricostruire fedelmente gli anni ’60, circondandolo da un alone patinato dato dalla visone che i giovani avevano di quegli anni e di quel mondo. Filtri pastello, molto caldi e canzoni che connotarono quel periodo storico.

Un elemento molto interessante della pellicola, è l’approccio stilistico alla narrazione. La storia è sicuramente molto forte e importante e, la scelta di utilizzare un registro a tratti commovente ma connotato da un’ironia sempre presente per tutto il film, rende più leggero il prodotto, ma non meno incisivo. L’elemento ironico è sempre presente ma ben miscelato, tanto da non risultare mai eccessivo o ridondante, costituendo un valido motore per poter rappresentare al meglio l’amore dei giovani per la libertà.

La pellicola mostra anche il rovescio della medaglia. Si possono fare tutti gli sforzi immaginabili per ottenere una libertà e goderne, tuttavia si troveranno sempre forze avverse. Tali forse possono anche vincere. A questo punto, forse la vera libertà risiede in ciò che ognuno di noi impara lungo il cammino. Nella capacità che abbiamo di rialzarci e fare esperienza.

La pellicola mostra anche (forse in maniera frettolosa) il rovescio della medaglia. Possiamo fare tutti gli sforzi possibili per ottenere quella libertà agognata e goderne fino in fondo, ma la strada è piena di forze che vi si contrappongono e, a volte, possono vincere. A questo punto allora, forse la versa libertà può risiedere anche nella capacità di ognuno di noi di rialzarci e fare esperienza di ciò che ha affrontato per strada.

A far brillare L’isola delle Rose, contribuisce anche un cast di tutto rispetto e credibile. La stella della pellicola è sicuramente Elio Germano, Orso d’Argento 2020, come miglior attore. Capitolino per nascita, Germano offre un’altra grande prova, imitando un accento bolognese molto marcato, ma realistico. Ciò connota fortemente il suo personaggio, dandogli delle caratteristiche uniche. Elio Germano con il suo Giorgio Rosa, tanto ironico quanto intelligente, diventa il vero mondo attorno al quale L’isola delle rose ruota e dipende.

Molto riusciti anche i personaggi interpretati da Leonardo Lidi e Tom Wlaschila (Trono di Spade). A coronare il cast, Fabrizio Bentivoglio e Luca Zingaretti nei rispettivi ruoli di Franco Restivo e Giovanni Leone, personaggi nella pellicola caricaturati ma non eccessivamente.  I due personaggi si fanno portavoce di una parte della sceneggiatura particolarmente riuscita del film, ovvero quella che riguarda la rappresentazione politica dell’Italia sessantottina.

Divertenti e quasi ridicoli nella loro comicità. Spesso i due si lasciano andare a discussioni, tra le mura dei palazzi dai quali governano, simili a gag comiche. Una replica moderna del Dottor Male e Mini-Me, intenta a seguire il manuale su come mantenere il potere. E’ stata sicuramente una soluzione molto innovativa e furba per rappresentare un momento della storia e del potere molto complessi.

L’Incredibile storia dell’Isola delle Rose è un film molto studiato. Possiede un preciso gusto estetico e impronta stilistica. Lo scopo forse non è rendersi portavoce di un messaggio, ma presentare una storia e far trarre allo spettatore le proprie considerazioni. Alcuni elementi possono essere forti, altri un po’ marginali, ma il risultato è sicuramente un buono prodotto, con buonissimo attori.

L’isola delle rose vi aspetta su Netflix.