-Alessandro Faralla-
Non importa ricordare per filo e per segno il film di animazione del 1967, che segnò anche l’ultimo lavoro di Walt Disney, morto durante la produzione del film.
Il Libro della Giungla del 2016 ad opera di John Favreau restituisce presto le emozioni aggiungendo originalità e novità alla storia.
Questa nuova trasposizione forse è la più vicina ai toni del libro di Kipling, se il lavoro di Reitherman era per volontà produttive espressamente rivolto alle famiglie, il film di Favreau è una fotografia intensa e approfondita delle relazioni e delle tematiche della nostra società.
Il registro estetico ci fa immergere totalmente nella quotidianità della giungla, raffigurato con densità come un luogo oscuro, misterioso e suggestivo.
I colori, le luci, le sfumature della flora e della fauna ci vengono restituite con un coinvolgimento visivo potente e lucido.
Mowgli rappresenta una specie unica, il suo essere un cucciolo d’uomo lo rende quasi un ibrido, cresciuto selvaggiamente eppure dotato delle potenzialità e dei “trucchi” degli umani. È un cucciolo sì, ma con le idee chiare, la giungla è la sua casa e non vorrebbe distaccarsi da essa, così integrato nel branco da essere disposto ad abbandonarlo pur di salvaguardare la sua famiglia di lupi dalla ferocia della tigre Sherkan.
Il grande villain di questo live action, come spesso accade nei film dove la contrapposizione tra bene e male è marcata, è veicolo di profondi messaggi.
La sua avversità nei confronti di Mowgli non è spicciola, ma ha solide fondamenta. Il cucciolo d’uomo per quanto si sforzi di vivere come gli altri animali rimane pur sempre un intruso, simbolo delle azioni catastrofiche degli uomini, citati spesso ma non mostrati, la cui presenza si manifesta attraverso l’immagine del fiore rosso (il fuoco), per gli abitanti della giungla vero e proprio demone.
Senza forzare la mano Favreau spinge sul senso di cooperazione dei diversi membri, capaci di rispettare la legge della giungla, dove prede e predatori convivono durante la tregua dell’acqua, instaurata durante un periodo di prolungata siccità.
Emozionante e reale il rapporto di Mowgli con Raksha, sua mamma lupo, più conflittuale e sceneggiata con intelligenza e sincerità quello con Bagheera, la cui funzione di guida saggia assume senso nella profonda e carismatica voce di uno straordinario Toni Servillo.
La narrazione non casca in momenti facili, tutto ha una propria logica e un preciso sentiero anche nelle situazioni più spassose e leggere.
Questo Libro della Giungla è un’opera autorevole senza essere appariscente che spinge i più piccoli a porre delle domande ai più grandi sulla rabbia, l’accettazione, il rispetto, l’amore sincero che non conosce confini, ma soprattutto Favreau realizza un lavoro vero, energico, di una ricchezza visiva stupefacente capace di immortalare la vastità della terra.