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Il grande caldo, di Fritz Lang (1953)

Il grande caldo è il racconto, secco, asciutto, modernissimo, di un’azione spietata di odio e vendetta.

Lang disponeva di un’ottima sceneggiatura, scritta dall’esperto di cronaca nera Sidney Bohem, un autentico atto d’accusa contro il connubio tra criminalità e politica con la complicità dei vertici corrotti della polizia.
Il sergente Bannion (Glenn Ford) indaga sul suicidio di un collega colluso col mafioso Lagana (Alexander Scourby), che non esita a ordinare l’uccisione del poliziotto con una bomba sulla sua auto.

Ma l’attentato uccide invece la moglie, mentre a lui viene tolta l’indagine per ordini superiori.
Bannion dà le dimissioni dalla Polizia, restituisce il distintivo ma non la pistola perché l’ha comprata e prosegue da solo le indagini. Scopre che il poliziotto suicida aveva una villa lussuosa e un’altra donna che intendeva sposare, dunque una testimone preziosa, ma il suo cadavere viene ritrovato nel fiume.

A questo punto Bannion è in un vicolo cieco, ma un aiuto insperato arriva da Debby (Gloria Grahame), la pupa di Vincent Stone (Lee Marvin), braccio destro e killer di Lagana, una ragazza consapevole del marcio che la circonda ma fondamentalmente onesta, un misto di ingenua perversità e infantilismo.

Debby pagherà caro il suo tradimento, verrà sfigurata da Stone con un getto di acqua bollente sul viso e come chi non ha più niente da perdere, ora aiuterà davvero Bannion a far venire a galla tutto il marcio…

Debby morirà tra le braccia di Bannion, colpita a morte da Stone, a sua volta da lei sfigurato nello stesso modo, mentre Bannion non riesce ad ucciderlo ma lo consegnerà alla polizia, tra le cui fila però ci sono anche uomini onesti.

Il grande caldo è un film archetipico, a lungo imitato nei decenni successivi, in cui convergono alcuni dei temi cari a Lang: il conflitto tra la giustizia pubblica e privata, l’odio e la vendetta che rendono violente le persone più miti, il confine labile tra il  bene e il male che coesistono, simbolicamente rappresentati dal viso di Debby diviso tra la metà ustionata e orribile e l’altra bella e affascinante.
La sequenza iniziale del suicidio è di chiara derivazione espressionista.
Grande prova di Glenn Ford, la cui rabbia contenuta è da manuale, ma bravissima anche Gloria Grahame amabilmente perversa, in un ruolo tra i più importanti della sua carriera.
Il grande caldo è un’espressione convenzionale che sta a indicare una intensa attività della Polizia.

Gigi De Grossi