Era tra i titoli più attesi dell’inizio di questa nuova stagione cinematografica Spotlight, da molti considerato il vero front runner per la corsa ai prossimi premi Oscar e sicuramente non ha disatteso le aspettative: tema scottante, cast d’eccezione, clamore e via discorrendo.
Siamo agli albori degni anni 2000, alcuni mesi prima dei fatti dell’11 Settembre. Al Boston Globe arriva da Miami un nuovo direttore, un outsider impermeabile alle pressioni ambientali che vuole che il giornale torni in prima linea. Il primo caso è di quelli scottanti: le violenze sessuali compiute da molti preti dell’arcidiocesi di Boston su bambini e adolescenti di ogni sesso. Un team di quattro giornalisti d’inchiesta che formano la squadra Spotlight, cellula indipendente del giornale, si occupa di indagare su questo caso mentre la città intera comincia a chiudersi a riccio per proteggere l’istituzione Ecclesiastica.
Spotlight segue le fasi concitate di questi mesi d’indagini, tra dubbi, rivelazioni e silenzi che condurranno alla pubblicazione di quella epocale prima pagina in cui si accusa apertamente la Chiesa di avere coperto i preti macchiatisi di questi orribili crimini.
Il Caso Spotlight è un film d’inchiesta vecchio stampo, figlio degli anni Settanta e in particolare di Tutti Gli Uomini del Presidente, il capolavoro con Dustin Hoffman e Robert Redford nei panni dei giornalisti del Washington Post che portarono alle dimissioni del presidente Nixon.
Le tematiche scottanti e pesanti facilmente si presterebbero a rappresentazioni enfatiche e passionali, McCarthy invece opta per uno stile assolutamente sobrio tanto che perfino i momenti più toccanti stanno il più possibile lontani dalle lacrime. Merito di questo appunto va dato al regista che scrive e dirige il tutto con un’eleganza, un’equilibrio una raffinatezza degna di un certo cinema classico che fù.
Se pure il film si astiene dalla retorica e dal sensazionalistico questo non vuol dire che è privo di emozioni e di ritmo. Al contrario. McCarthy lo mette in scena come un suspuncer thriller che appassiona e prende lo spettatore dall’inizio alla fine.
Inutile parlare del cast -capitanato da un Michael Keaton che sembra aver trovato una seconda giovinezza recitativa- è a dir poco eccezionale: misurato mai sopra le righe, con tempi e ritmi recitativi perfetti.
Il Caso Spotlight è come un marchingegno perfetto che funziona alla perfezione. Non gli manca nulla per essere un prodotto cinematografico di alto livello: scrittura, regia e recitazione tutte di prim’ordine.