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Il Buco – una cruda fotografia della società

Dal Toronto film festival 2019, sbarca su Netflix “Il Buco”  (El Hoyo). Il thriller psicologico, tratto dall’omonimo romanzo, è l’opera prima diretta da  Galder Gaztelu-Urrutia. Un’opera distopica tanto cruda quanto reale nel suo fotografare le debolezze umane.

In un ipotetico futuro, Goreng si risveglia all’interno di un carcere, molto particolare, in quanto sviluppato in verticale su più livelli. Al centro di ogni cella vi è un buco che attraversa gli innumerevoli piani della prigione.

Dal buco ogni giorno passa una piattaforma con il pranzo da destinare ai detenuti. Parte dal piano 1, carico di cibo, per arrivare poi all’ultimo. Ciò significa che chi si trova agli ultimi piani è destinato a rimanere senza nulla. Inoltre gli ospiti rimangono nel proprio livello solo un mese, per poi essere spostati quello successivo. In quale livello arriveranno, è un mistero. La paura maggiore è svegliarsi ai piani inferiori. Sperimentate le comodità dei livelli alti e la disperazione dei bassi, Goreng cerca di cambiare l’ingiusto sistema. Il tentativo non sarà semplice e anzi, cambierà nel profondo l’animo del protagonista.

Goreng e Trimagasi attorno alla pedana

Il Buco mostra una realtà distopica e grottesca, che risulta alquanto inquietante perchè vicina alla verità. Tematiche di fondo sono le disuguaglianze sociali e, soprattutto, l’avidità umana. Il principio del buco è chiaro: se ognuno rispettasse la propria porzione, ci sarebbe abbastanza cibo per tutti. Il sistema ha a che fare con umani, non con macchine perfette e ligie. Di conseguenza, conoscendo quanto la natura umana possa essere debole, è chiaro che tale principio non viene rispettato. Ognuno pensa per se stesso. Il concetto di “razionare” non è presente. Non si cerca il bisogno, ma la sazietà.

Tutta la situazione è la chiara rappresentazione di quella che è la realtà che viviamo tutti i giorni. Una società nella quale ognuno pensa a se stesso, chi prova ad aiutare non riceve supporto, anzi, chi si trova “ai piani superiori” non ascolta ma ostacola. Detentrice di queste colpe è l’amministrazione del buco, ovvero, in senso più ampio, il governo.

Il sistema non è più equo, non lo è mai stato, ma è disumano e disumanizzante.  Allora la domanda è: per comprendere ed eliminare questo sistema, occorre salire in alto, dove inevitabilmente i detenuti si corrompono, o scendere in basso attraverso la pedana? Li, dove regnano i suicidi e la disperazione.

L’unica soluzione è attuare il sistema di solidarietà spontanea. E’ necessario che ognuno faccia piccoli sacrifici, rinunciare a qualcosa per il bene comune. Il Buco ce lo mostra in modo così forte e chiaro, che fermarsi a riflettere su questo concetto è spontaneo. Come dice Trimagasi, tutto questo “è ovvio”, allora perchè nessuno lo concretizza?

Lo spettatore attua un percorso di consapevolezza e cambiamento parallelamente a quello del protagonista. Ciò è possibile grazie ai compagni di cella che Goreng cambia nel corso dei mesi. Essi ci conducono mano mano al di là del velo, rivelando verità e consapevolezze.

Tra i diversi elementi positivi, Il Buco può vantare una buona fotografia. Ben curata nei dettagli, la sensazione che lascia è inquietudine e soffocamento. Allo stesso tempo, la prigione ci attrae. La scenografia è molto scarna: due letti e quattro pareti, con colori che si alternano tra toni freddi e anonimi. Il solo elemento “caldo” è dato proprio dalla tavolo imbandita da cibo colorato e bello a vedersi. Il tutto è funzionale a un’atmosfera con forti richiami a pellicole come “Saw-L’enigmista”. Dunque in questo clima di soffocamento, si inseriscono anche scene di sangue, forti, che arrivano dritte allo stomaco, ma risultando  mai forzate. Ogni elemento è ben integrato. 

Goreng, il protagonista

Il Buco ha tutte le caratteristiche per essere considerato un piccolo gioiello da trovare sulla piattaforma streaming. Oltre alla realizzazione e una fotografia impeccabile, il fil può vantare delle ottime interpretazioni. Soprattutto nel duo Goreng (Ivàn Massaguè)- Trimagasi (Zorion Eguileor).  I due attori hanno dato delle grandi prove, costituendo quasi le due parti di un insieme.  Trimagasi è una sorta di Hannibal Lecter alternativo. Freddo, calcolatore, con un sorriso che accompagna anche l’informazione più terribile. Non pensa al bene comune, ma a se stesso e alla propria sopravvivenza. Si fa portavoce del sistema della prigione e, probabilmente, della vita.

L’altro è un sognatore venuto dal mondo esterno, catapultato in una realtà che non conosce. Goreng capisce piuttosto in fretta che attorno a lui regna la legge della sopravvivenza, non dell’equità. Non si possono costruire rapporti reali, in quanto in questo inferno verticale (che ricorda un po’ quello dantesco), non esistono. Bisogna uscire le unghie. Mangi o vieni mangiato. Ciò innesca il cambiamento del protagonista, che si avvicina al modo di pensare di Trimagasi, le cui parole riecheggiano nella sua testa. Tuttavia rivela una natura più profonda, mantenendo la sua umanità, simbolo forse di speranza.

In questo gioco di doppi, anche il cibo subisce una doppia natura. E’ sacro, ciò a cui tutti ambiscono in quanto elemento di sopravvivenza. E’ preparato con cura e molto invitante a vedersi- quando arriva ai primi piani, ancora intatto nelle presentazioni. Allo stesso tempo è connotato anche dal profano. Diventa motivo di contesa, di morte. Arrivato più in basso, non è più invitante, anzi è quasi rivoltante. L’uomo stesso si trasforma in una belva quando lo tocca, afferrando qualsiasi alimento con violentemente con le mani. Paradossalmente, nonostante lo sdoppiamento, è proprio un elemento della piattaforma imbandita  a diventare portavoce della salvezza e della speranza. 

Paradossalmente, non sembrerebbe esserci periodo più adatto per la visione de Il Buco, una pellicola interessante e costruttiva, che non deve gettare panico, ma far riflettere. Vengono chiamati a raccolta i sensi di disagio, disgusto, rabbia per essere consapevoli e complici di questo sistema equo, che di equo non ha nulla. Un sistema democratico che non ha mai davvero aperto le porte alla “solidarietà spontanea”.

Se non lo avete ancora visto, Il Buco vi aspetta su Netflix.

                                                  Articolo a cura di Lagertha