Home Rubriche Outsider “A Est di Bucarest” nevica ancora, parola di Corneliu Porumboiu.

“A Est di Bucarest” nevica ancora, parola di Corneliu Porumboiu.

Mentre il leader sovietico Michail Gorbačëv avviava una fase di profonda riforma dell’URSS, quella che tutti conosciamo con il nome di Perestrojka, in Romania la situazione era ben diversa.

Sebbene facente parte del blocco sovietico il paese nel 1989 sotto il dittatore Nicolae Ceaușescu, non aveva conosciuto alcun processo di de-stalinizzazione. Nel dicembre dello stesso anno dopo la rivolta di Timișoara e a seguito di un’insieme di proteste che coinvolsero tutto il paese, si arrivò al processo e all’esecuzione di Ceaușescu e della moglie Elena.

Ma la storia di “A Est di Bucarest” del regista rumeno Corneliu Porumboiu, Caméra d’or al 59º Festival di Cannes, inizia anni dopo. Siamo a Vaslui, cittadina tranquilla nella Romania orientale.

Qui in occasione del 16º anniversario della Rivoluzione di Natale, Virgil Jderescu, direttore di una sgangherata emittente televisiva locale, vuole organizzare un programma celebrativo. Ma la domanda che il conduttore pone, è un po’ scomoda: “A Fost sau n-a fost?”. Oltre ad essere il titolo originale del film, la frase fa riferimento alla reale partecipazione della popolazione locale a quella rivoluzione. “C’è stata o non c’è stata” davvero una rivoluzione in questa città?

“La gente è scesa in piazza prima o dopo la fuga e quindi la caduta di Ceausescu? Perché se sono scesi in piazza dopo, allora non si tratta di Rivoluzione ma di semplici festeggiamenti”.

Commedia politica di stampo teatrale, A Est di Bucarest è un piccolo gioiello che si avvale di una regia intelligente, posata, intenta più a salvaguardare la genuinità della sceneggiatura che ad esaltare edonismi stilistici.

Il film entra nel vivo durante la diretta televisiva. Virgil Jderescu a causa del tema delicato e scivoloso trattato nella sua trasmissione, ha perso i suoi ospiti e ha deciso di invitare due malcapitati. In primis Tiberiu Manescu, un professore alcolista e squattrinato. Quindi Emanoil Piscoci, un vecchietto bonaccione che durante il regime si vestiva da Babbo Natale.

La tesi del film di Porumboiu viene fuori tra riflessioni non tanto storiche, quanto con vicende umane. Il tutto raccontato con una voce elegiaca ed ironica, ma anche una buona dose di autocritica austera e decisa sugli avvenimenti del 22 dicembre. Alla fine tra gli interventi telefonici, spicca quello di una donna che dice: “io non vi ho chiamato per smentire quello che avete detto. Vi ho chiamato solo per dirvi che fuori nevica, come una volta, siate felici per questa neve, perché domani sarà di nuovo tutto fango, Buon Natale a tutti”.

Porumboiu ci lascia dunque con un messaggio chiaro: non è importante se sia stata una vera rivoluzione quella rumena del ’89, l’importante è che, purtroppo, dopo e nonostante quei tragici eventi, le cose non sono cambiate.