“Quando in un ambiente perfetto vengono introdotte nuove specie, avviene una inevitabile contaminazione”. Attorno a tale concetto darwiniano, ruota la nuova serie Elite, lanciata su Netflix il 5 Ottobre. Risentendo molto del successo della compagna La Casa de Papel, le aspettative sono molto alte.
Dopo il crollo di una scuola, vengono sorteggiati tre studenti ai quali attribuire una borsa di studio per frequentare il più importante liceo della Spagna. I “fortunati” sono Samuel, Nadia e Christian. Tuttavia, come già si poteva immaginare, la permanenza dei ragazzi in una scuola di élite è tutt’altro che semplice. Gli studenti ricchi non hanno voglia di introdurre nel loro sistema i nuovi ragazzi, poveri, avviando una temuta contaminazione. Tuttavia, volenti o nolenti, questa contaminazione avviene e le due realtà si contagiano a vicenda. Marina è la più aperta a fraternizzare, animata da un senso di ribellione alla sua famiglia e si avvicinerà molto a Samuel e a suo fratello Nano. Quando viene consumato un omicidio, le indagini si concentrano non solo sui tre nuovi arrivi, ma tutta l’élite diventa un sospetto.
Dopo il grande successo internazionale de La Casa di Carta, la Spagna ci ha riprovato lanciando su Netflix Elite. Il richiamo con la prima serie è evidente, soprattutto grazie alla presenza di volti già noti come María Pedraza (Allison), Miguel Herràn e Jaime Lorente, due dei ladri che indossavano la maschera di Dalì (Rio e Denver). Si passa però dal genere giallo- rapina al mystery teen drama.
Composta da 8 episodi, la serie sembra seguire una struttura simile a quella de Le Regole del Delitto Perfetto. Sin dal primo episodio sappiamo che è stato commesso un delitto e si procede in una narrazione a incastro tra momenti del passato e quelli successivi al delitto con le indagini della polizia. Tuttavia la particolarità è che non bisogna aspettare gli ultimi episodi per scoprire chi sia la vittima. La sua identità viene rivelata alla fine del primo episodio. Questa è già una sorpresa. La suspense tuttavia, rimane in quanto l’identità del killer viene svelta non prima di aver confuso per bene lo spettatore.
Una parola per descrivere Elite è, senza dubbio, esagerazione.
La serie mostra lo scontro tra due mondi opposti e la loro inevitabile contaminazione. Questo è sicuramente un grande merito. Tuttavia le modalità non sono in equilibrio. I ragazzi dovrebbero avere 16-17 anni e sembra ne abbiano 40 mentalmente. Sono eccessivamente maturi per alcuni versi e immaturi per altri. Sono soprattutto già stanchi della vita. Ne parlano come se l’avessero già vissuta, come se ne sapessero più dei propri genitori (che sono praticamente assenti e se ci sono, non sono in grado di prendere la situazione in mano). Sono giovani che hanno vite che nemmeno gli adulti stessi spesso vivono. Sono talmente stanchi della vita, che già cercano svaghi e modi di evasione. Le cercano nell’alcool, nel sesso, nella droga. Tanto che ad un certo punto, sembra che il centro non sia più la crescita dei personaggi e la contaminazione, ma la trasgressione e il tabù.
Questo fa si che grandi tematiche volte alla sensibilizzazione come la droga, l’omosessualità e l’hiv, diventino semplici topoi da teen drama senza la dovuta attenzione. In soli 8 episodi, sono stati inseriti tutti gli elementi visti in ogni teen drama, in un’unica serie. Soprattutto la divisione ricchi e poveri. Essa doveva essere un elemento principale della storia. La problematica contaminazione tra le due classi è presente solo nelle prime puntate in modo forte. I ricchi prendono in giro i poveri, fanno scherzi, fanno a gare. Ad un erto punto il richiamo a questa unione inevitabile è presente solo in alcune situazione e nelle classiche storie d’amore (sebbene siano delle sheep molto carine).
Questa esagerazione ha avuto conseguenze anche sui personaggi. Nonostante ci sia il tentativo di dare uno sviluppo e spessore a tutti i personaggi, questo risulta essere un tentativo mancato. Otto episodi forse sono pochi per dare la giusta tridimensionalità ai 12 protagonisti. Il tentativo è riuscito però, con Guzmàn, che può essere considerato il personaggio migliore. Il ragazzo fa una vera e propria crescita interiore, matura e diventa un uomo, fino ad avere anche il suo momento di crisi.
Per il resto, gli altri risultano cristallizzati in tutti i clichès immaginabili del tipico liceale da teen drama, primo fra tutti Samuel, il protagonista principale.
Elite nonostante questi difetti evidenti, ha però anche dei pregi non da poca considerazione. Primo fra tutti, una regia quasi invisibile che mostra degli ambienti visivamente molto belli: case di lusso e scuole da sogno. Una regia che ha anche il merito di non aver voluto vivere il mondo adolescenziale con la solita pudicizia dei teen drama. Al contrario, il sesso e la passione sono ben presenti e valorizzati all’occorrenza.
Alcune prove attoriali spiccano particolarmente, come quella di Miguel Bernardeau (Guzmàn), il quale interpreta, non a caso, uno dei personaggi migliori della serie. Accanto a lui anche Aàron Piper (Ander) può vantare una buona prova. Attori di rilievo in un gruppo discreto che non ha vantato prove eccellenti. Questo probabilmente non a causa di scarse capacità, anzi, sicuramente il limite è legato alla difficoltà di far crescere tutti i personaggi in sole 8 puntate
Non lo avete ancora visto? Se siete curioso, Elite vi aspetta con le sue 8 puntate sul catalogo Netflix
Recensione a cura di Lagertha