BLAME! è un manga di ormai quasi vent’anni nato dalla mano di Tsutomu Nihei, divenuto cult per le sconfinate strutture architetture cyberpunk delineate dal mangaka con tratto capace e tutt’altro che pulito; in un tripudio di tavole talvolta caotiche, ma pari a delle opere d’arte.
In un tipico contesto fantascientifico distopico, gli umani sono rimasti uno sparuto numero di sopravvisuti, soggiogati da macchine votate al loro sterminio e alla crescita random, infinita della città. L’eroe protagonista è Killy, che insieme alla sua fidata e potente pistole è alla ricerca di portatori di un gene che potrebbe ridare all’umanità il controllo sulle macchine.
Non è poi così importante la trame in BLAME! (il nome lo si deve all’onomatopea del colpo d’arma, e il cannone portatile di Killy ne ridà pienamente il concetto); nè tantomento i dialoghi: Tsutomu estremizzerà questo concetto in opere come Abara, dove dialoghi e sviluppi narrativi criptici o praticamente assenti sono compensati da tavole e mostri incredibili

Il nome lo si deve all’onomatopea del colpo d’arma, e il cannone portatile di Killy ne ridà pienamente il concetto
Ma veniamo all’anime: il livello tecnico è davvero eccellente, e una volta sorpassato il tipico straniamento dato dalla commistione tra 3D e 2D. Quello che si perde rispetto al manga è il senso di vastità delle ambientazioni e il tratto sporco, in virtù di lineamenti di personaggi più morbidi e puliti.
Detto questo, restano i dialoghi contenuti e un anti-eroe criptico; la sensazione è che questo sia il primo di più lungometraggi (con una trama che tocca appena l’opera cartacea), e considerando che l’anime scorre bene e sfrutta al pieno il minutaggio, non si può che vederlo come una scelta preferibile al condensare tutto BLAME! in neanche due ore e mezzo.
Un altro bel colpo da parte di Netflix, e un anime sci-fi che ridà lustro a una manga che meritava una controparte d’animazione degna di un cult.