Home Speciale Approfondimenti Ciclo Bergman: Il Settimo Sigillo (1957)

Ciclo Bergman: Il Settimo Sigillo (1957)

 Analisi a cura di Caroline Freyaa Darko

Il settimo sigillo” è un film svedese del 1957 ed è la trasposizione cinematografica dell’opera teatrale del 1955 ”Pittura di legno”, di Ingmar Bergman stesso. ”In Scandinavia, dove ogni luogo è permeato da peste e dolore, il cavaliere Antonius Block e il suo scudiero Jons tornano dalle crociate. Il primo, al ritorno, farà uno strano incontro: quello con la morte. Durante svariate avventure ove incontreranno altri personaggi stravaganti, Antonius giocherà una partita a scacchi con la morte, mettendo in gioco la propria anima.”

7sigillo_5
Antonius Block gioca a scacchi contro la morte.

Il film si apre con una visuale dritta al cielo, con sottofondo una struggente e macabra melodia sinfonica.
”Quando l’agnello perse il settimo sigillo, nel cielo si fece un silendio di circa mezz’ora. E vidi i sette angeli che stavano dinanzi a Dio e furono loro date sette trombe.” 

Il mare, una scacchiera, due uomini, due cavalli e niente, nulla più. Le rocce e il resto del mondo è come un’utopia: un illusione. Fino a quando, non giunge l’incontro con la morte avvolta da un mantello nero.
”Chi sei tu?”
”Sono la morte”
”Sei venuta a prendermi?”
”E’ già da molto che ti cammino affianco”
”Me n’ero accorto”
”Sei pronto?”
‘Il mio spirito lo è, non il mio corpo”.
Con questo dialogo, Bergman riesce a farci riflettere ardentemente sul proprio significato, tracciando una linea sottile tra la vita e il thanatos. Ci fa pensare che, forse, la morte sia già qui accanto a noi, in attesa, senza che noi ce ne rendiamo conto. E noi, possiamo non accettarlo, ma ella non concede tregua, neanche se la sua vittima vuol ancora vivere. Il protagonista, proprio perché vuole lottare e sfidare la sua nemica, comincia una partita a scacchi con essa.

Che vinca il migliore.

Alla morte toccano i pedoni neri, perché nera è essa, nera è l’oscurità.
”La vita non è che un dono futile e passeggero, che io posso toglierti quando voglio”.

il-settimo-sigillo-det-sjunde-inseglet-ingmar-bergman-max-von-sydow-gunnar-bjornstrand-gunnel-lindblom-bengt-ekerot-bibi-andersson-streaming-7
L’arrivo della morte.

‘Quella è la morte?”
”Sì, che prima o dopo danza con tutti”.
Il settimo sigillo” è un continuo memento mori.
La morte qui ti libera dal male che ti dilania. In un luogo e un’epoca dove la pestilenza ti corrode e nessuno è disposto a porgerti la mano, la morte può rivelarsi la tua unica amica.
‘Il terrore è il figlio del buio”. 

Bergman potrebbe essere citato a vita, perché in ogni frase si cela l’importanza delle sue pellicole. Il film qui è un’allegoria alla vita spasmodica, una metafora vivida e reale della reclusione dell’animo. Antonius non vuole morire, poiché ha paura, ma non gli è rimasto nulla: in battaglia ha perduto amici, ogni cosa, anche una parte essenziale di sé stesso e quindi, cos’altro gli rimane se non la morte?

La morte che lo attende, la morte che lo brama.
”In queste tenebre dove tu affermi di essere, dove noi presumibilmente siamo… in queste tenebre non troverai nessuno che ascolti le tue grida o si commuova della tua sofferenza. Asciuga le tue lacrime e specchiati nella tua stessa indifferenza…”
E Dio, dov’è? In un’epoca medievale e dantesca dove non c’è altro che la fede cristiana, la fede del protagonista vacilla. Perché Antonius dovrebbe avere fede nella fede degli altri, pur maledicendo Dio stesso? Eppure egli non può far a meno di richiamarlo, di chiedergli sostegno e ascolto, perché per l’essere umano, Dio è l’appiglio principale.

Ci si deve sempre aggrappare a qualcuno di superiore per andare avanti. E’ una ragione in più per credere, per sperare. Qui, come in ”Fanny e Alexander”, c’è il contorto legame con la spiritualità e il divino. Perché il silenzio di Dio, non parla. ”La vita è solo un vuoto senza fine”, dice Antonius.
Sfidare la morte è qualcosa che ti provoca invece reazioni che ti fa sentire vivo e… colmo, non una carcassa vuota e putrida. Una volta che hai osato sfidare il sonno eterno, neanche il diavolo temi più. Durante la partita, vogliamo le avventure di Antonius e del suo scudiero, dove vedremo implicati anche una banda di attori di prestigio.

Il tutto, è intriso di fede e di devozione ossessiva per il signore.

‘La morte avanza. Chi di voi essa colpirà per primo?”, dice un uomo durante una parata. Ma Antonius già ne è a conoscenza; lui è il nuovo prescelto, seppur siano tutti, già, condannati. Ed è buffo proprio quanto questi stessi condannati, la plebe, devoti a Dio, si macchino di innumerevoli peccati e si facciano beffe di povere anime innocenti. La fede, inoltre, è una pena pericolosa.

La partita continua e il più il tempo scorre, meno ne resta. La peste si diffonde e la morte non concede altro tempo.
Antonius, durante quest’ultima, si dimostra prima sicuro, arrogante, come se avesse la vittoria nel pugno di una mano. Gioca, senza pensieri, sereno, pur sapendo che, probabilmente, egli morirà.
”La vita alle volte è una vera pazzia.” 

La morte sa essere scaltra, drammatica, terrificante ma anche ironica e quella rappresentata da Bergman rispecchia perfettamente questo quadro di descrizione.

morte
Antonius si confessa.

Il protagonista de ”Il settimo sigillo” non ha paura del Diavolo come tutti i cittadini di fede: bensì vuole incontrarlo per domandargli dell’esistenza di Dio. Temerario, non teme neanche la morte ma ha il timore invece, di non poter più vivere. Non per la vita in sé, ma perché non potrà incontrare il supremo che tanto brama vedere, abbandonato esso da lui stesso ad una vita futile e non munita di vita propria. Antonius ha una sete di curiosità da soddisfare e va avanti, testardo tentando, mentre nel cammino la morte, il decesso, lo insegue, lo scruta, lo aspetta.

E il nulla, sommerge, mentre nessuno viene in aiuto. Antonius ne ha paura, perché è alla continua ricerca di qualcosa. Egli vuole vedere, vuole provare. Ecco perché ha sfidato la morte stessa, perché ella gli è apparsa ed è concreta. La morte lo ascolta, lo vede e lo assiste durante le sue vicende. E, intanto, attende per espiare i peccati umani e rubare l’anima per tenerla al sicuro, tra le proprie braccia di tenebra.

Allora… vogliamo finire la nostra partita?’‘.
C’è astuzia, logica, preoccupazione ora nella mente di Antonius.
E per un errore dell’altro e per la propria scaltrezza, la morte, vince. La fine di Antonius viene momentaneamente rinviata ma, al prossimo incontro, egli morirà: per sempre. Il nostro protagonista, ormai stanco, riesce a tornare a casa con i suoi amici dove rivedrà sua moglie Karen dopo lunghissimi anni. Bergman riesce ad addentrarsi nel buio del medioevo, calcando sulla spiritualità e mettendo a vacillare la fede dei propri personaggi. Il film ci pone davanti al legame con l’onnipotente, il divino, mentre il dolore, il peccato e i problemi della vita si fanno spazio e intralciano il cammino dell’uomo, che, crollando, si munisce di dubbio e allontana la fede, per poi riprenderla nella fine del sentiero, quando tutto sta per morire.

”Perché se dio non esiste, l’esistenza è vuota”, dice Antonius, cosciente di quanto crede.

E alla fine, pur avendolo maledetto, la sua fede riappare e ritorna da lui. Lui che si sacrifica, donando la sua anima alla morte che tutto rapisce.
”Poi un altro angelo si fermò a cantare con un turibolo e gli fu data grande quantità di incenso. E allora il primo angelo dié fiato alla tromba e ne venne grandine e fuoco misto a sangue e così furono gettati sopra la terra”, legge Karen, finché il nobile signore, la morte, non li raggiunge.

L’ora è venuta. Nel finale de ”Il settimo sigillo”, la vita fa il suo corso: la morte austera li invita a danzare, li trascina e li conduce, lentamente, sotto il chiarore dell’alba. Li conduce in un altro mondo, includendoli in un ballo finale verso le terre oscure: l’aldilà.

settimo-sigillo-bergman
I personaggi vengono trascinati dalla morte in una danza che li condurrà nell’aldilà.