Home Rubriche Outsider Arido amore familiare: Medeas di Andrea Pallaoro (2013)

Arido amore familiare: Medeas di Andrea Pallaoro (2013)

La crisi del nucleo famigliare è uno dei tòpoi fondamentali del cinema d’autore contemporaneo. La Grecia presenta alcuni dei film migliori che affrontano questo tema, uno su tutti Miss Violence di Alexandros Avranas, del 2013. In quello stesso anno Andrea Pallaoro, un giovane regista italiano trasferitosi in California all’età di 17 anni per studiare regia, debutta con il suo primo lungometraggio, che mette in mostra l’alienazione e la carenza d’amore nell’ambito domestico, intitolato Medeas. Abbiamo già avuto modo di conoscere Pallaoro grazie al bellissimo Hannah, del quale potete leggere la nostra recensione qui, e guardare il suo debutto, conoscendo il suo secondo film che lo ha portato all’attenzione di una buona fetta del pubblico cinefilo, risulta un’esperienza illuminante ed interessante.

Il cinema di Pallaoro è monolitico, non comunica con lo spettatore, così come i personaggi non comunicano tra di loro. I suoi non sono film per tutti, richiedono un grande sforzo d’immersione in quel sistema “atopo” ed “acrono” che l’autore trentino crea per le proprie opere, un universo privo di riferimenti spaziali e temporali concreti. Medeas rientra in pieno in questa concezione artistica, poiché sì, abbiamo elementi che potrebbero suggerire una certa collocazione spazio-temporale della sua storia, ma non ne possiamo avere la certezza, anche a causa di scelte scenografiche che instillano costantemente dubbi. Ma non è importante conoscere il dove ed il quando. Ciò che conta, in Medeas, è l’atmosfera che Pallaoro crea per mezzo di lunghissimi silenzi e di long takes statici, crudi ed opprimenti, che riflettono alla perfezione i rapporti che tengono unito il fragilissimo nucleo famigliare protagonista della pellicola. Poche sono le parole, ancor meno, forse, le azioni. Il tempo di Medeas è rarefatto come in un film di Tsai Ming-liang, quello più radicale ed austero di Stray Dogs; i rapporti personali sono privi di emozioni come nella trilogia dell’incomunicabilità di Michelangelo Antonioni; i luoghi sono orpelli privi di identità come nel cinema di Béla Tarr, ad esempio in Nido Familiare, sono non-luoghi che fungono da palcoscenico arido sul quale i personaggi si muovono.

Le bellissime composizioni di Medeas con i personaggi spesso al limite dell’inquadratura o “tagliati”.

La storia che Pallaoro non racconta ma mostra è quella di una numerosa famiglia, che si sostiene solo sul duro lavoro dell’amorevole padre. Tuttavia risulta chiaro ben presto che il nucleo familiare si trovi sull’orlo di un’implosione, una minaccia interna costantemente presente durante tutto il film, fino al crollo inevitabile. Numerosi sono i momenti che contribuiscono a incrinare sempre più l’equilibrio instabile dei protagonisti e che mostrano una fondamentale carenza d’amore parentale: la madre sordo-muta, ad esempio, ha un’amante dal quale si reca portando con sé i tre figli più piccoli, lasciandone due fuori dal caravan nel quale la donna fa sesso con l’uomo, mentre quello appena nato è lì con loro, un’eco trieriana meno tragica rispetto all’inicipit di Antichrist. Questa crisi relazionale viene riflessa alla perfezione nella messa in scena del film, estremamente debitrice a quella della già citata trilogia antonioniana: spesso i personaggi sono posti ai limiti dell’inquadratura, venendo spesso tagliati dai bordi del frame, come pezzi di carne in mostra sul bancone di un macellaio. L’incompletezza dei corpi dei protagonisti è la palese raffigurazione del loro vuoto morale ed affettivo e contribuisce a depersonalizzarli, rendendo universale la sterilità delle relazioni descritte da Pallaoro: si tratta di una crisi dell’uomo moderno nella sua totalità, non è circoscritta solo al nucleo familiare protagonista di Medeas.

La bellezza delle inquadrature, studiate nei minimi dettagli e fotografate con eleganza e maestria, mostrano un regista giovane ma con un formidabile senso estetico ed una profonda, seppur non originale, capacità d’analisi della contemporaneità e dei volti della crisi che colpisce l’uomo moderno. Già con Medeas Andrea Pallaoro ha saputo far vedere le proprie potenzialità, accresciute ancor più nel successivo Hannah, ponendosi come uno dei giovani autori più interessanti, probabilmente, a livello mondiale.