Home Rubriche Outsider Alice e il sindaco: la rinascita della sinistra francese secondo Nicolas Pariser

Alice e il sindaco: la rinascita della sinistra francese secondo Nicolas Pariser

Dopo essersi messo in luce con due cortometraggi come La République e Agit Pop, il regista Nicolas Pariser (classe 1974) ha esordito con Le Grand jeu, film/riflessione sulla sinistra francese presentato a Locarno nel 2015.

Ma se nell’ambizioso film d’esordio i personaggi sono carismatici e manipolativi, nel suo secondo film Alice e il sindaco (Alice et le maire) gli artefici e la morale della pellicola cambia radicalmente. Se il tema centrale rimane il rapporto tra la figura del politico e quella dell’intellettuale, Pariser cambia la prospettiva.

Ma partiamo dal principio. Alice (Anaïs Demoustier) è una giovane donna che ha lasciato Oxford per lavorare al municipio di Lione. Poco si sa del suo nuovo impiego, tranne che per un disguido è stato cancellato ancor prima che Alice mettesse piede nel maestoso edifico. E allora cosa fare di una filosofa (anche se lei non si definisce tale) e di un navigato sindaco (Fabrice Luchini) sul trampolino di lancio nel diventare la figura di spicco della sinistra francese?

L’idea di una sua consulente (Léonie Simaga, vista di recente nella miniserie di Damien Chazelle The Eddy) è di metterla al servizio generico del politico. Fornire nuove idee e stimoli ad un uomo che si è un po’ perso per strada, capace solo di svolgere la routine sempre più distante dagli interessi del suo elettorato e dalle giuste motivazioni che dovrebbe avere un uomo con le sue responsabilità. La stima e anche l’amicizia tra i due cambierà per sempre le loro vite.

Questo nuovo film politico di Pariser denuncia con toni leggeri ma arguti, l’astenia della politica contemporanea.

Quell’essersi malamente allontanata dal suo ruolo primario: ascoltare le esigenze del popolo. Alice lo fa e prende appunti. Riferisce a Paul, guardandolo con l’accondiscendenza di chi sa bene che quell’uomo, una volta guerriero dei suoi ideali, da tempo ha riposto le sue armi. Sempre più simile ad un pupo, ad una marionetta che recita la sua parte nel teatrino della politica francese.

A differenza del suo protagonista, la penna del regista parigino è puntuta e ficcante.

Con eleganza Pariser mette in evidenza il corto circuito di un uomo che ha perso le ambizioni. La sua regia sobria e mai invadente, lascia spazio agli ottimi interpreti.

Nella disillusione del protagonista risuonano le parole sempre attuali di De André: “Dove sono andati i tempi d’una volta, per Giunone, quando ci voleva, per fare il mestiere, anche un po’ di vocazione?”