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13 Hours: The secret soldiers of Benghazi

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13 Hours : vi sfiderei a capire da soli che questo è un film di Micheal Bay, storicamente associato a concetti come ‘robottoni’, ‘SBRAM’, topa e Ferrari. Insomma, lo zarro di Hollywood.

Non che ci sia nulla di male, senza contare che nel girato di scene action obiettivamente ha una consapevolezza e una percezione che molti suoi colleghi col Parkinson  si sognano. Ma il punto è un altro: 13 Hours è molto lontano dal classico film à la Bay, e forse anche per questi uno dei suoi più interessanti insieme a Pain and Gain.

Le premesse per l’action pompato di muscoli ed eroismo U.S.A. ci sarebbero tutte: un manipolo di eroi in territorio di guerra fanno l’impossibile per salvare degli Americani, in schiacciante inferiorità numerica.

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E’ commosso per la rece

Invece, il buon Bay confeziona un film dal taglio asciutto -perlomeno per i suoi canoni- quasi a rispetto dei fatti da cui il film è tratto.

Non c’è comunque da temere sul tasso action, con scene particolarmente ad effetto –ne è un perfetto esempio il P.O.V. di una bomba fresca fresca di mortaio-.

Sarà forse difficile affezionarsi a questi soldati, fisicamente simili tra loro, ma 13 Hours è un action solido, godibile anche senza il solito regime di steroidi a cui il regista ci ha abituato. Da vedere.

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Direttore e Fondatore

Il lavoro e la vecchiaia incombono, ma da quando ho memoria mi spacco di film di fantascienza, dove viaggio di testa fino a perdermi, e salto in piedi sul divano per dei tizi che si menano o sparano alla gente come fossero birilli. Addolorato dalla piaga del PG­13, non ho più i nervi per gli horror: quelli li lascio al collega, io sono il vostro uomo per scifi, azione e film di pistolotti metacinema/mental/cose di finali tripli.