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Venezia 77: Padrenostro

Il romano Claudio Noce, classe 1974, decide di esorcizzare l’evento traumatico dell’attentato subito dal padre nel 1976 nel pieno degli anni di piombo, attraverso un film che svolge sicuramente il ruolo di una catarsi ma che parla anche, e più universalmente, del rapporto tra un padre e un figlio.

Il piccolo Valerio ha una venerazione per il padre Alfonso, figura poco presente eppure monolitica, eroica per il ragazzino.
La madre Gina cerca di educare i bambini e al tempo stesso proteggerli dai rischi cui il mestiere di Alfonso li espone.
Fino a quando l’uomo viene colpito proprio sotto casa da una banda armata: Valerio scende in strada, assiste  alla scena e vede un uomo morire.
Da lì in avanti la vita non sarà più la stessa.

La meravigliosa e frenetica rappresentazione dell’attentato da parte di Valerio, attraverso dei gessetti con cui disegna le sagome a terra – rappresenta lo zenit di un film sentito e chiaramente voluto, magistralmente interpretato da Pierfrancesco Favino e da tutto il cast, ma che ad un certo punto diventa pesante e polveroso come le strade della Calabria in cui la famiglia si rifugia.

Il percorso di crescita di Valerio, il suo rapporto con il padre e con l’amico Christian – figura ambigua e poco chiara per buona parte del film, si fa farraginoso e arriva a dilungarsi un po’ troppo, mettendo fuori fuoco una pellicola spaccata a metà (ottima nella prima parte e discreta nella seconda), il cui pregio resta comunque quella di raccontare non solo le dinamiche tra un padre e un figlio ma mettere a nudo anche le fragilità e le paure di chi si è trovato a vivere in situazioni più grandi e più sopportabili del consentito.

Articolo a cura de La Sposa