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Venezia 74: The Shape of Water – la recensione

The Shape of Water

Sezione: Concorso


Nel secondo giorno della 74° mostra del cinema di Venezia arriva ad incendiare l’atmosfera uno dei film in concorso più attesi di tutta la kermesse: THE SHAPE OF WATER di Guillermo del Toro.

Noi di JAMovie dopo il red carpet pomeridiano ci siamo goduti la visione al PalaBiennale ed è stato, dopo un’attesa per l’uscita a dir poco spasmodica, come ritornare finalmente a casa.

Lasciatevi accarezzare dalle atmosfere dark e dalla forma, mutevole, dell’acqua questo è The Shape of Water e questa è la nostra recensione. 

A causa del suo mutismo, l’addetta alle pulizie Elisa si sente intrappolata in un mondo di silenzio e solitudine, specchiandosi negli sguardi degli altri si vede come un essere incompleto e difettoso, così vive la routine quotidiana senza grandi ambizioni o aspettative. 
Incaricate di ripulire un laboratorio segreto, Elisa e la collega Zelda si imbattono in un pericoloso segreto governativo: una creatura squamosa dall’aspetto umanoide, tenuta in una vasca sigillata piena d’acqua. Eliza si avvicina sempre di più al “mostro”, costruendo con lui una tenera complicità.

Guillermo del Toro proietta, ancora una volta, lo spettatore nella sua fertilissima immaginazione.

Il regista con The Shape of Water racconta una storia, per quanto non convenzionale, d’amore. Ritroviamo in toto la poetica e il citazionismo (anche auto-referenziale) di Del Toro che, con disarmante facilità, immerge fin da subito lo spettatore in questo mondo fatto di sospetti, tradimenti e discriminazioni.

Ma anche nei luoghi più oscuri può esserci un raggio di luce e, in questo film, ha le sembianze di Sally Hawkins che interpreta Elisa. La nostra protagonista è, a mio personalissimo parere, il punto più alto dell’intera pellicola.

Elisa è una donna (per sua stessa ammissione) incompleta, muta a causa di un incidente che vive la sua vita con poche ma forti amicizie, con i ritmi scanditi dalla routine quotidiana.

La Hawkins attraverso la sua interpretazione molto fisica ed espressiva regala un personaggio fatto di passione, coraggio, altruismo e determinazione che rimane a lungo negli occhi e nel cuore dello spettatore.

Intorno ad Elisa ruotano i suoi due unici amici, Giles interpretato da Richard Jenkins e Zelda nei cui panni c’è Octavia Spencer. Personaggi “diversi” e complessi, Giles è un artista omosessuale che ha perso il posto di lavoro a causa del suo alcolismo, mentre Zelda è una donna afroamericana che lavora per mantenere il suo inetto marito.

Entrambi sono degli emarginati e il mondo circostante non perde occasione per ricordarlo. Jenkins e la Spencer, come sempre, si dimostrano attori di livello assoluto.

Per ogni eroe (nel nostro caso eroina) che si rispetti ci deve essere un avversario che faccia da contraltare. In The Shape of Water ha le fattezze del violento capo della sicurezza Strickland interpretato da Michael Shannon.

Strickland è un uomo apparentemente dalla vita perfetta, con un ottimo lavoro e una famiglia felice ma se si gratta via lo strato superficiale viene fuori un violento e sadico figlio di buona donna. In alcuni momenti mi ha ricordato il Jack Torrance di Shining e, grazie a Shannon, non possiamo fare altro che sprofondare nella follia insieme a lui.

Ultima, ma non per importanza, troviamo la creatura. Del Toro omaggia il film cult del 1954 Il Mostro della Laguna Nera di Jack Arnold, e si auto-cita creando il mostro con le fattezze molto simili al mai troppo elogiato Abe Sapien di Hellboy. Visivamente magnifico, è la rappresentazione più estrema della solitudine e della diversità.

A completare il tutto la struggente e bellissima musica di Alexandre Desplat che accompagna lo spettatore anche dopo la fine del film dando la sensazione di esser tornati, anche solo per un secondo, bambini.

In conclusione The Shape of Water è il miglior film girato fino ad ora da Guillermo del Toro. Una fiaba universale che coinvolge dal primo all’ultimo minuto e fa emozionare anche il cuore più duro.

All’accendersi delle luci in sala calde lacrime hanno bagnato i visi degli spettatori(anche di chi scrive) unendo 1600 persone diverse tra di loro per etnia, età e cultura. E anche questa è la morale del film.

Grazie Guillermo: la standing ovation è meritata.