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Pieces of a woman – La Recensione

Martha (Vanessa Kirby) e Sean (Shia LaBeouf) sono marito e moglie pazzamente innamorati l’uno dell’altra nonostante le loro diversitá.

Il regista ungherese Kornél Mundruczó ci introduce, grazie anche alla tecnica di ripresa adottata, nell’intimità della coppia al momento del parto, i due coniugi scelgono di avere la propria bambina in casa e lo spettatore si sente quasi come un parente in visita.
Il travaglio si rivela difficile, la levatrice non riuscendo a sentire il battito della bambina chiama l’ambulanza, ma arriverà troppo tardi e la bambina morirà poco dopo il parto.

Da questo momento Martha perde la sua identità e da qui il titolo del film: pezzi di una donna, nel film viene indagata la psiche femminile ma con una peculiarità che si rivela efficace per lo storytelling ovvero alla protagonista vengono attribuite pochissime battute. D’altra parte la scelta risulta vincente anche perché è la Kirby ad interpretare il Martha, essa infatti proveniendo dal teatro è bravissima nel far capire il pensiero del personaggio anche solo attraverso lo sguardo o un gesto.

Shia LaBeouf viene invece visto in un nuovo ruolo, un uomo rude che perde la strada, e questo si ripercuote anche sull’aspetto fisico dell’attore, che per il film prende qualche chilo e porta una barba incolta e lunghissima.
I pezzi in cui la donna viene scomposta sono tanti, ovviamente possono essere intesi come pezzi fisici, Martha infatti nonostante non sia diventata madre subisce nel corpo tutte la manifestazioni della gravidanza, come la perdita di latte dal seno, non sarà però solo il corpo a cambiare.

A causa del lutto la donna perde la sua identità anche come moglie all’interno del matrimonio, in quanto i coniugi affrontano la perdita della bambina come singoli e non come una squadra e questo influirà sul loro rapporto di coppia.
Martha poi entra in contrasto anche con la sua famiglia, che sembra tentare di gestire la situazione al posto suo, in particolare nel processo intentato contro la levatrice.
Il tema di questo film non è tanto il lutto, o la maternità quanto l’equilibrio che ogni persona deve trovare con i suoi tempi e a proprio modo, ci si deve concedere la libertà di essere donne nel modo che si ritiene più giusto per se stesse e non come la società vorrebbe.

Ogni persona davanti a un’esperienza traumatica perde qualche pezzo, ma deve capire da sola quali pezzi aggiustare e di quali liberarsi per avere una nuova vita.
Nel film si trova un importante monologo su questo tema tenuto da Ellen Burstyn, che interpreta la madre di Martha, da cui si ricava il significato del film: trova il tuo modo di affrontare le cose, alza la testa e lotta per te stessa.

Articolo a cura di Eleonora Vignudelli