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Venezia 75: Charlie Says – La Recensione

Ha fatto parlare di sè per decenni, anche dopo la sua morte avvenuta il 19 Novembre 2017 a Bakersfield.
Charles Manson, uno dei serial killer più famosi della storia, fu capace sul finire degli anni 60′, in piena epoca hippy, di riunire attorno a sè e alle sue idee tanto rivoluzionarie quanto malsane una schiera di adepti (soprattutto donne) che per lui erano disposti a tutto.
Anche ad uccidere.

In attesa del nuovo film di Tarantino, Once Upon a Time in Hollywood, che lo vedrà ancora al centro delle vicende narrate dalla pellicola, il capo della Manson Family è stato riportato sul grande schermo dalla regista Mary Harron (American Psycho, 1999) che ha presentato a Venezia 75, nella sezione Orizzonti, il suo film Charlie Says.

La storia vede si Manson al centro della pellicola, ma punta più il focus su tre delle sue adepte più conosciute, Leslie Van Houten (Hannah Murray), Patricia Krenwinkel (Sosie Bacon) e Susan Atkins (Marianne Rendón).
All’interno della comunità in cui Manson (interpretato da Mr. Dr Who Matt Smith) la fa da padrone il trio di seguaci cerca in ogni modo di seguire ciecamente gli insegnamenti, le idee e i progetti malati del serial killer, assecondandolo in tutto per tutto, anche nei suoi frequenti momenti di violenza e delirio.
La Harron pone le tre ragazze come tre vittime completamente soggiogate dal carisma e dal devastante plagio che Manson intraprese su esse e su tutti i suoi seguaci, fatto di ricatti, giochi di parole, false promesse, e chi più ne ha più ne metta.
Colui che si professava il Santone, il Guru, il capo di una rivoluzione che metteva al centro la libertà di identità, sessuale e di parola, era poi il primo a punire le ragazze se si concedevano ad altri, a lasciarle mangiare solo dopo gli uomini e ad abusare di loro a suo piacimento.

Sarà la terapista Karlene Faith (Merritt Wever) a cercare di riformattare completamente le tre ragazze condannate all’ergastolo, ma non sarà facile.
Perchè ciò che Charlie dice, si fa, senza discutere.
Anche uccidere.
La pellicola della Harron gioca più sull’approfondimento psicologico che sulle effettive azioni compiute dalla Manson Family, mostrando a fondo la profonda influenza che una mente così manipolatrice come quella di Manson ebbe su molti adolescenti che lo ritennero troppo facilmente il nuovo Messia che avrebbe condotto il mondo in una nuova Terra Promessa.

E che invece li avrebbe solo portati in un mondo fatto di morte, violenza, e distruzione della propria personalità.
Ma non si può fare altrimenti.
Perchè ciò che Charlie dice, si fa.

 

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Capo Redattore e Co-fondatore

Grande amante del cinema, e questo è scontato dirlo se sono qua :­) Appassionato da sempre del genere horror, di nicchia e non, e di film di vario genere con poca distribuzione, che molto spesso al contrario dei grandi blockbuster meriterebbero molto più spazio e considerazione; tutto ciò che proviene dalle multisale, nelle mie recensioni scordatevelo pure. Ma se amate quelle pellicole, italiane e non, che ogni anno riempono i festival di Berlino, Cannes, Venezia, Toronto, e dei festival minori, allora siete capitati nel posto giusto.

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