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Un po’ X-Men, un po’ Heroes: ALPHAS (1a stagione)

Alphas potrebbe benissimo essere paragonata ad una torta. Basta saper dosare degli ingredienti.
Sostituire a zucchero e uova un po’ di X-Men e un po’ di Heroes, “umanizzare” quanto basta i poteri dei protagonisti e mettere un pizzico di poliziesco.

 

Ed ecco che viene fuori la serie creata da Michael Karnow e  Zak Penn.
Eh già, proprio Penn, quello che in X-Men: Conflitto finale era uno degli sceneggiatori. Ma guarda un po’.
Il Dottor Rosen (il candidato all’Oscar David Strathairn per Good night & goodn luck) ha tra le mani una squadra di supereroi, o meglio di umani dotati di capacità enormemente sviluppate.
Il mix è ben costruito.
Abbiamo chi può controllare il rilascio di adrenalina a proprio piacimento, chi può condizionare la mente altrui (no, non è Jean degli X-Men), chi può utilizzare al meglio uno dei cinque sensi a piacimento, chi ha capacità motorie ed una mira fuori dal comune chi può fungere da vera e propria antenna umana.

La squadra al completo

Il Dr. Rosen li ha messi insieme per formare una squadra speciale del Dipartimento della Difesa, in modo da poter annientare le minacce che mettano in pericolo la sicurezza del paese e per cercare e fermare, laddove serva, altri Alphas come loro che usano le proprie capacitò per scopi malvagi.

Pur puzzando molto alla saga Marvel di cui ha parecchi richiami, Alphas ha qualche elemento che rende comunque la serie godibile e diversa da ciò che siamo abituati a vedere in tema di supereroi o superuomini.

I suoi cinque sensi? Sono incredibilmente sviluppati. E lei è incredibilmente topa.

Il gruppo innanzitutto. Ognuno di loro ha storie differenti, un passato di cui sappiamo qualcosa ma non tutto forse.
Si conoscono, legano, ma si prendono continuamente in giro.
Non si fidano a pieno gli uni degli altri ma collaborano, sempre e comunque.
Il Dr. Rosen fa loro da legante, in quanto ognuno di essi ha un lato umano che a volte li frena. La difficoltà di lavorare in gruppo, una madre o una famiglia troppo possessivi, l’egoismo.
Anche i loro poteri sanno si di fantascienza ma non troppo. Sono più “umani” di quanto possiamo già aver visto in Heroes o in X-Men.
E quel tocco di poliziesco serviva proprio per rendere la cosa un po’ differente.

Bravi gli attori.
Oltre al già citato Strathairn dobbiamo ricordare Ryan Cartwright, che interpreta Gary, un ragazzo autistico che è in grado di captare qualsiasi frequenza, radio, video, e telefonica.
Gruppo molto eterogeneo il quintetto. C’è la topa Nina (Laura Mennell), l’indiana anche lei topa Rachel (Azita Ghanizada), il belloccio Cameron (Warren Christie) ed il nero forzuto Bill (Malik Yoba).

Lei è la Topa che controlla la mente, anche non ne avrebbe bisogno.

L’azione non manca. La prima stagione è più incentrata sul reclutamento di altri Alphas, che più o meno involontariamente sono un pericolo per la società.
Verso la fine della stagione tuttavia la faccenda si fa più complessa, e grande. Il finale di stagione è in crescendo, e le ultime due puntate forse sono le migliori di tutta l’intera stagione.
Colpo di scena incluso.
Non brillerà certo per originalità la serie, ma scorre sempre senza intoppi e non ha momenti morti.
nonostante la spada di Damocle di assomigliare molto ad un franchise famoso e ad una serie di qualche anno fa, possiamo sia promuoverla che consigliarne la visione.

L’episodio pilota è stato uno dei più visti di sempre sul canale Syfy, con un audience di 2.5 milioni di spettatori.

Non male come inizio.