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True Detective 3×06: Hunters in the Dark- Recensione

 

 

Spaesati, esitanti, insicuri come, appunto, dei cacciatori nell’oscurità. Così appaiono i nostri due detective, incapaci di trovare il bandolo della matassa in questa indagine che in molti sembrano voler ostacolare.

Attenzione, contiene spoiler!

Non riesce più a darsi pace il povero Hays. Imprigionato in quello che inizialmente doveva essere un normalissimo caso, non gli resta che biasimare lo stesso Dio. Perché il settimo giorno, invece che riposarsi, non ha preferito migliorare quella sua creazione ancora difettosa? Un disperato tentativo di scaricare sul mondo la frustrazione causata dai sui sempre più evidenti limiti. In mezzo alle tenebre che lo circondano infatti, ogni tanto, appare una luce, un faro che possa guidarlo verso la verità. Come nella più classica delle tragedie, è giunto il tanto agognato Deus ex Machina che possa portare chiarezza al complicato caso Purcell.

Ma Hays non coglie le opportunità, non supera le apparenze, si ferma all’ipotesi più semplice. E se aggiungiamo la sempre più pressante intromissione del procuratore distrettuale, che tenta palesemente di insabbiare e chiudere le indagini, capiamo che da soli i detective faranno fatica a mettere a posto i tasselli. Hays, segnato da una vita privata ormai deteriorata, sembra cieco davanti a quello che ormai allo spettatore è evidente.

C’è qualcosa di marcio nel commissariato

Ecco dunque che, dove i detective falliscono, altri, nel 1990, riescono ad avvicinarsi alla soluzione.

Da una parte Amelia, che sta compiendo delle indagini parallele per il suo libro, scopre novità sulla scomparsa Julie: la ragazza si trovava in un istituto religioso, diceva di chiamarsi Mary July e si vantava di essere stata un tempo la regina di un castello rosa. Dall’altra Tom, padre delle vittime, che sfrutta un’ inaspettata occasione che Hays e West sembrano lasciarsi sfuggire. Sospettato numero uno  dopo la telefonata di Julie Purcell, veniamo a scoprire della sua omosessualità e che quindi molto probabilmente i figli non sono biologicamente suoi. Alcolizzato, depresso, sfiduciato dal continuo tergiversare delle forze dell’ordine, decide di intervenire di persona per fare finalmente giustizia.

Così, quando scopre che il fratello della defunta moglie, Dan O’Brien, è in paese per parlare con i due detective, capisce che gli si sta presentando l’occasione decisiva. Hays e West infatti continuano nel frattempo con le loro ricerche senza risposte. Tra interrogatori, riunioni, discussioni tra colleghi, la notizia di Dan pare davvero un dono dal cielo. L’uomo sembra sapere molto, forse troppo, è irrequieto e spaventato, accenna qualcosa ma vuole soldi prima di svelare tutto ai detective.

I due dunque lo lasciano andare e cercano un modo per racimolare il denaro richiesto; forse si tratta semplicemente di un millantatore, tuttavia ogni pista ormai può essere quella decisiva. Tom non si lascia perdere l’occasione. Pedina O’Brien e, con la forza della disperazione, la rabbia di un padre distrutto, si fa confessare tutto. Cosa, di preciso, non ci è dato saperlo. Ma il cerchio, finalmente, sembra chiudersi. Si stringe inesorabilmente attorno ad una maestosa villa, la villa di quella famiglia Hoyt per cui la defunta Lucy Purcell lavorava. E al suo interno Tom scoprirà qualcosa di davvero agghiacciante.

Intanto nel 2015 West, che ha deciso di aiutare Hays, fa per la prima volta i conti con la demenza senile e le amnesie dell’ex collega.

Capisce subito che quella che dovranno affrontare sarà un’impresa titanica, quasi impossibile. E se nel 1980 il poter dimenticare il proprio passato sembrava un superpotere per Hays e Amelia, giovane coppia che speranzosa vede solo il futuro davanti a sé, nel 2015 è la peggiore delle maledizioni. Hays ne soffre, incapace di essere padrone delle sue stesse memorie, e si affida alla semplice capacità intuitiva, dimostrando al figlio di non aver ancora perso l’istinto da detective.

Scoot McNairy si dimostra un ottimo attore

Pizzolatto continua senza sosta con la sua completa desacralizzazione della figura del detective. Non più capaci di portare a termine il loro compito, sempre più simili alla figura tradizionale dell’inetto: questi sono i “true detective”. Uomini con vizi e virtù, paure, affetti, debolezze. Uomini in carne ed ossa, in balia di un caso più grande di loro che quindi, ineluttabilmente finisce per schiacciarli ripercuotendosi sul loro animo irrequieto. Questo non porta comunque alla creazione di personaggi a loro modo eroici, come nella prima stagione, detective-intellettuali che si stagliavano nell’arretrata Louisiana. Assistiamo invece alle azioni di persone comuni che, messe di fronte alla loro incapacità , mettono a nudo tutta la loro fragilità e debolezza.

 Diventa dunque necessario un intervento esterno che possa supplire le sempre più evidenti mancanze di Hays e West e, finalmente, portare un po’ di chiarezza in un caso così complicato.

Articolo a cura di Alberto Viganò