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The Call e Bang – Corti Lynchiani di Morris Bragazzi

Morris Bragazzi

Che David Lynch sia il punto di partenza per la rappresentazione di opere di molti autori odierni è risaputo.
Che sia, il suo modo di catturare immagini – e di raccontare -, un espediente captato e rielaborato poi in diverse, nuove, chiavi, ancor di più.
Questo è ciò che ha fatto Morris Bragazzi.

Sceneggiatore, videomaker – e regista – milanese, Morris Bragazzi (autore di alcuni videoclip musicali di cui alcuni targati Caparezza, Max Gazzé, J-AX, Ermal Meta) decide di cimentarsi nel realizzo di due cortometraggi sperimentali, girati interamente con un vecchio smartphone.
Scelta sensata, e indovinata, se si pensa che al centro dei suoi due corti, The Call e Bang, come figura cardine vi sia il mezzo tecnologico. Più precisamente, un telefono.

The Call:

Ciò che si può visibilmente notare da The Call – impossibile delinearne una trama – è la totale cura verso i particolari.
Seppur realizzato, come summenzionato, amatorialmente, l’opera è tutt’altro che pasticciata; l’impianto sonoro fa la sua figura – soprattutto grazie a un buono e definito lavoro di editing -, le sequenze repentine e ansiogene fungono da efficaci destabilizzatori, e la scelta del bianco e nero è un tocco furbo, sì, ma decisamente di classe.

Non stupisce, dunque, la sua selezione al Selvanera Film Festival e al LIFT- OFF GLOBAL NETWORK – SESSIONS 2020.
Seppur volutamente criptico – a qualcuno la resa, improvvisata, potrebbe apparire forzata – il The Call di Bragazzi, tra omaggi sopraffini all’universo di David Lynch (la Loggia nera di Twin Peaks, coi suoi macabri e strampalati personaggi sopra tutti) e richiami estetici ai J-horror di fine ’90-inizi 2000 e al Polanski più acerbo e soffocante di Repulsion, dimostra come non servano necessariamente fior di quattrini per realizzare un’opera accattivante nella sua – non artefatta – semplicità.

Bang:

Lo stesso meccanismo l’autore milanese lo ripete col suo secondo corto. Decisamente meno ricercato stilisticamente ma modellato più su un realismo di impronta quasi bergmaniana è Bang. Interpretato da Gabriel Panzironi, vede un uomo vagare di notte per strada, perseguitato da anonimi messaggi. In un’era in cui tecnologia e mondo virtuale dominano la società – e i rapporti umani – attuale e audace è il messaggio veicolato: il potere che si dà a questi sistematici strumenti di assuefazione.

La mancanza di dialoghi e l’uso dei suoni – martellante e angoscioso il ‘cigolio’ proveniente dal cellulare, che attesta l’arrivo di qualcosa di tutt’altro che positivo – aiutano la crescita vertiginosa della suspense, fino a culminare in un finale tanto insolito e bizzarro – quasi pirandelliano – quanto geniale. Un modo decisamente innovativo per rappresentare l‘annullamento totale dell’Io, che altro non è che un can che si morde la coda.

Morris Bragazzi è anche autore della sceneggiatura del corto vincitore all’Hermetic Film Festival come Best Short Movie, VESTITIO DI LUCA TARTAGLIA