Home Speciale Approfondimenti TFF36: Wildlife – La recensione

TFF36: Wildlife – La recensione

Viene presentata in anteprima nazionale al Torino Film Festival, la primissima esperienza di regia per il giovane attore Paul Dano, che dopo grandi apparizioni in film, come Il petroliere, decide di intraprendere questa strada con Wildlife.

Un esordio alla regia convincente per la sicurezza nei propri mezzi che si intuisce scena dopo scena, inquadratura dopo inquadratura.
Tutta l’impostazione è perfettamente bilanciata e la camera fissa ci rende partecipi di tutto ciò che succede, senza dirci né di più né meno di ciò che sanno i personaggi.
Il film racconta la crisi matrimoniale di una coppia di genitori dal punto di vista del figlio adolescente Joe, ed è ambientato nel Montana del 1960.
Jerry (il padre) perde il lavoro di attendente presso il locale campo da golf, così la consorte Jeannette, poco felice del recente trasferimento nella cittadina del Montana, decide allora di abbandonare la vita domestica per insegnare nuoto.

Ma Jerry smette presto di cercare un altro impiego e inizia a bere, mostrando chiari segni di una depressione.
Mentre nei boschi della regione arde minaccioso un vasto incendio, Jerry decide, di abbandonare la casa e arruolarsi nei vigili del fuoco, sperando così di rendersi utile, e di sembrare migliore agli occhi della famiglia.
Dano si serve di due grandissimi attori: nei panni del padre, Jake Gyllenhaal, e della madre, Carey Mulligan.

Ma la vera chicca è Ed Oxenbould, che interpreta il figlio Joe.
Il ragazzo, così come il film, non prende mai posizione, restando un testimone muto della fine di un’epoca aurea (gli anni 50) e della lenta decadenza della sua famiglia. Muto come la maggior parte della colonna sonora; il silenzio viene usato come simbolo, ed è predominante lungo tutto il film.

Uno stile asciutto, senza filtri e soprattutto senza retorica inutile.

Wildlife si presenta come film piccolo e intimo, ma che nella sua natura contenuta è profondamente emozionante.
Più di tanti altri film immeritatamente celebrati.

 

Articolo a cura di Federica Gandolfo