Suicide Squad

NO SPOILER


Le istituzioni, il potere sia nel L’Uomo D’Acciaio che in Batman v Superman erano presenti sotto forme più tradizionali; Suicide Squad, il terzo atto dell’Universo Cinematografico DC, mette al centro del proprio sviluppo la parte più sporca e grigia del potere costituito: quella di un’agenzia governativa segreta in mano a figure autoritarie e manipolatrici.

Suicide Squad basa il proprio cammino su un cruccio e sull’ambizione di Amanda Waller, concreta villain del film.

Amanda Waller, a capo dell’Argus, vuole dar vita ad una Task Force formata dai criminali della peggior specie per difendere il mondo da minacce sovraumane e non; un mondo quello del dopo Superman tutt’altro che un ambiente sicuro: la brama di potere e il desiderio di avere le redini del gioco sono sentimenti vivi in una società che fa della paura un’arma.
Suicide Squad basa il proprio cammino su un cruccio e sull’ambizione di Amanda Waller.
L’insolito team assemblato per far qualcosa di utile viene introdotto, su tutti spiccano Deadshot ed Harley Quinn, con una propria ottica sulla realtà, attraverso una presentazione accattivante.

Come far coesistere allora una banda di criminali, reietti e personaggi bizzarri? Ricattandoli, e torniamo al punto di partenza: il controllo.
Personalità multiple, abilità speciali e instabilità non vanno d’accordo con una potenziale missione suicida; il regista però non lascia possibilità per eccessive distrazioni, David Ayer non ha voglia di perder tempo e inserisce le sue creature nell’azione, in quel contesto urbano, qui sotto forma di campo minato, che lo contraddistingue.

La missione segreta è circoscritta in un determinato arco temporale, della serie vivere o morire

Harley Quinn è colei che risplende rendendo affascinante il gruppo, è una cattiva giocosa e mai scontata:  lei la leader dei momenti più spassosi, con le battute fine a sé stesse, con i suoi atteggiamenti ambigui e non solo: è un’anima irrequieta, confusa, dipendente in modo morboso e travolgente da un uomo (Il Joker) di cui è complice ma che fa dell’ex psicologa un trofeo, un bellissimo giocattolo che riempie la sua folle giostra di vita.

Margot Robbie Harley Quinn

Per buoni e cattivi non c’è modo per lasciarsi andare all’emotività – lo sa bene il sicuro colonello Rick Flag, coinvolto dalla Waller a capo della spedizione per una precisa ragione – , la missione è circoscritta in un determinato arco temporale, della serie vivere o morire e se nel terzo atto la narrazione attenua la propria potenza ci pensa l’aspetto musicale a risollevare l’atmosfera nei momenti topici.
Di certo non trascinante per la caratterizzazione in sé ma intrigante la concezione dell’entità mistica, come in Batman v Superman però il vero villain, il demone non è il mostro o la figura aliena ma l’umanità: un’umanità rude e spietata rappresentata, con vigore, dall’Amanda Waller di Viola Davis, una costante minaccia per quest’individui che impareranno a conoscere le regole di quel mondo, che li ha reclusi in un buco, nel pieno di una battaglia che pare essere l’unica realtà che gli appartiene: riscatto, nuovi orizzonti e serenità rimangono beate illusioni.

Suicide Squad, ribadisco il concetto, si fonda su un pretesto, efficace a tal punto da renderne la visione piacevole perché mostra un’identità, un personale canone narrativo e punta all’originalità: il difetto prende forma in un finale dove la coerenza non è più un valore, ma un freno perché la natura irriverente e colorata della squadra suicida si appiattisce bloccandone l’esuberanza, facendo emergere un sentimentalismo che stona con l’approccio inziale.
Assistere alla loro particolare presa di coscienza e accettazione di responsabilità è un compromesso che Ayer ha attuato con troppa disinvoltura o qualcuno lo ha indotto a farlo (non sappiamo in che modo le modifiche dopo le riprese aggiuntive abbiano influito).

In definitiva a dispetto degli intoppi, delle brusche frenate, dei rumor sul reshoot Suicide Squad è un elettrizzante inizio per questo gruppo di outsider: sa coinvolgere, strapparti più di un sorriso, imposta brillantemente il punto di vista dei super cattivi, i quali svolgono al meglio il loro dovere e idealmente ti ammaliano grazie alla leadership di Margot Robbie, che fa propria l’interiorità e l’esteriorità di una donna dannata, intraprendente ed eccitante (c’è anche questo aspetto e in un cinecomic non si vede spesso).

Note:

Sapevamo che il Joker sarebbe stato la mina vagante, la guest star del film. L’impressione iniziale sulla performance di Jared Leto è quella di un villain sicuramente cool esteticamente e capace di mantenere limpidi su di sé l’incognita e il mistero ma decisamente troppo caricaturale.

Lo stupore che sa regalare il film si manifesta soprattutto nell’ultimissima parte: quindi non dimenticate di gustarvi anche i titoli di coda dei peggiori eroi di sempre.

Viola Davis

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Redattore

- Il cinema per me è come un goal alla Del Piero, qualcosa che ti entra dentro all'improvviso e che ti coinvolge totalmente. È una passione divorante, un amore che non conosce fine, sempre da esplorare. Lo respiro tutto o quasi: dai film commerciali a quelli definiti banalmente autoriali, impegnati, indipendenti. Mi distinguo per una marcata inclinazione al dramma, colpa del Bruce Wayne in me da sempre. Qualche gargamella italiano un tempo disse che di cultura non si mangia, la mia missione è smentire questi sciacalli, nel frattempo mi cibo attraverso il cinema, zucchero dolce e amaro dell'esistenza -