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Silent House – Originale e remake (analisi)

Originalmente uruguayano e riprodotto anche in un remake, ‘’Silent House’’ è un vero viaggio introspettivo.
Inoltre, è ispirato a un vero caso di cronaca nera mai risolto, accaduto proprio in un paesino dell’Uruguay negli anni ’40 (precisamente 1944).

Laura e suo padre Wilson si insediano per la notte in una casetta in campagna di proprietà di un amico del padre. Il loro scopo, è quello di ristrutturare la residenza e poi rivenderla subito dopo. Fin da subito, Laura si dimostra incuriosita da quel luogo, dove poco dopo comincerà a sentire singolari rumori provenire dall’esterno e dal piano superiore.

Nel remake la trama è quasi la medesima. Sarah e suo padre vanno nella loro residenza di famiglia per fare dei lavori, affiancati dallo zio. Una volta arrivata, Sarah comincerà a percepire dei tonfi e, assieme al padre, si metterà alla ricerca della causa.

La casa muda
La casa muda.

La pellicola è in stile ‘’Rec’’, ‘’Alta Tensione’’ e ‘’Two Sisters’’, rimanendo però, del tutto originale e imprevedibile.

Qui ritroviamo, in entrambi i film, un’ora e venti di sola piano sequenza, che Gustavo Hernandez (il regista) ha saputo ben destreggiare e Chris Kentis e Laura Lau, ben riproporre.

L’originale risulta più tedioso, mentre il remake è più pieno, avendo esso una sceneggiatura più colma e meglio scritta e maggiori dialoghi.

L’assenza di colonna sonora, a parte quelle note del piano iniziali nel lavoro uruguayano, rendono la pellicola un lavoro interessante e straziante.

Mentre Hernandez ne trae silenzio e oscurità, Kentis e Lau ne traggono lacrime e oppressione.

In ‘’La casa muda’’ , prodotto low budget, vediamo il mero buio, una ripresa continua nelle tenebre. Laura è accecata e visibile solo dalla luce di una lanterna che persiste per quasi tutta la durata nel film, mentre in ‘’Silent House’’ ritroviamo un’illuminazione più rassicurante, ma che è, al contempo, conturbante.

Nel primissimo film, l’illuminazione sorge tramite una torcia, una lanterna e il flash di una macchina fotografica (polaroid), che tengono alta la tensione e mantengono maggiore la suspense.

Nel remake, il livello di ansia è allo stesso modo elevato, seppur le riprese e l’alone siano meno ‘’dark’’ rispetto al prodotto uruguayano, il quale offre due scene orrifiche e disturbanti che nella seconda pellicola, non riescono ad emergere come dovrebbero.

La tecnica dell’obiettivo che non si stacca mai dalla protagonista è il punto forte di entrambi: la chiave di tutto è il susseguirsi di scene ininterrotte, come una carrellata di immagini che ti si piazzano dinanzi senza fermarsi mai. Un chiaro riferimento hitchcockiano (‘’Nodo alla gola’’).

Se il primo luogo risulta freddo, agghiacciante e cupo, il successivo è quasi asettico, familiare, che manca di quel tocco ‘’grezzo’’ e realistico che caratterizza ‘’La casa muda’’.

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Silent House.

“Silent House” presenta a tratti contorni e visioni opache, macchie di sangue adagiate sul letto, sangue che sgorga dai muri in stile kubrickiano e personaggi misteriosi, mentre ‘’La casa muda’’ è un gioco tra un solo personaggio, e l’assenza di luce totale.

Assieme a Laura e Sarah, percorriamo un luogo labirintico, mistico e terrificante, col fiato sospeso sul collo, mentre attendiamo che qualcuno esca dal proprio nascondiglio e balzi fuori, a farci accapponare la pelle, a mostrarci in viso la paura che abbiamo conosciuto per ‘’quaranta minuti’’ circa di egregia tensione percorrendo la casa, le scale, il bosco e le camere non riordinate.

L’esplorazione del nulla è essa stessa il mistero. Assieme alle protagoniste noi stessi entriamo in prima persona nel film e compiamo un’indagine squilibrata verso un finale struggente e delirante.

Laura/Sarah è la sola protagonista della vicenda e l’unica figura ripresa dall’obiettivo, che vediamo giostrare una lanterna alla ricerca dell’ignoto. Un’ottima prova attoriale per entrambe le attrici, più scolastica e realistica Florencia Colucci in quello uruguayano, più emotiva e statica Elizabeth Olsen nel rifacimento.

Mentre da un lato troviamo una Florencia Colucci pazzoide, disturbante e pericolosa ad alti livelli, dall’altro la più piccola delle sorelle Olsen dà prova di cavarsela bene di fronte alla macchina da presa, dando un’interpretazione più sentimentale, più ingenua.

Sarah si specchia, ha timore del suo riflesso e ha completamente paura di sé stessa, non accettando l’idea di essere schizofrenica e vittima divenuta carnefice. Laura, dal canto suo, comprende tardi di non essere perseguitata ma di essere persecutrice e abbraccia invece la sua natura, macchiandosi ancora di sangue.

Laura ne ”La casa muda”.

La lotta tra gli ipotetici infiltrati/fantasmi in casa, altro non è che una ricerca che la protagonista svolge su sé stessa. Ella, scappa dal suo alter ego e, nel frattempo, si macchia di crimini, divenendo inconsciamente ciò che lei stessa teme.

Nel primo caso, uccide nei primi venti minuti di film, suo padre Wilson e successivamente, Nestor, scappando poi via. Nel secondo, tortura il proprio padre che, dopo esser stato liberato da quella prigionia, comincia a picchiarla. Sarah, in difesa, lo ammazza e lascia libero suo zio, abbandonando la dimora di famiglia.

L’elemento simbolico di queste due opere, sono le polaroid scattate e ritrovate in casa.

Il padre e l’amico/il padre e lo zio, altro non erano che pedofili che abusavano sessualmente della protagonista durante festini hard. Sarah veniva stuprata da bambina da suo padre. Laura aveva avuto una figlia con l’amico di suo padre, che proprio i due uomini le avevano portato via, ammazzandola.

L’opera non è altro che la vendetta amara della protagonista servita su un piatto d’argento.

Un trip psicologico e visionario, moderno ma al contempo molto anni ’90. E’ un nuovo modo di vedere la realtà. ”Silent House” è capace di avere le proprie luci della ribalta nell’excipit impressionante e folle: crudo come un pugno allo stomaco.

Alla fine, il rebus viene completato e tutti i pezzi del puzzle vengono inseriti nel proprio tassello. Si tratta di una narrazione deviata, virtuosa, astrusa e prettamente claustrofobica.

Una schizofrenia acuta messa in atto come un lavoro a mano d’opera che disorienta, stordisce e annienta. Non c’è limite al terrore, come non c’è limite alla natura umana. La paura, può essere in una bambina, in un pupazzo tra le mani, in una foto ritrovata per caso, in una casa muta.

Ma è sempre dietro l’angolo.

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Sopra: ”La casa muda” Sotto:”Silent House”