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“Santiago, Italia” – Nanni Moretti racconta le storie dei dissidenti cileni nel 1973

“Noi partiamo da diverse posizioni ideologiche. Per voi essere un comunista o un socialista significa essere totalitario, per me no… Al contrario, io credo che il socialismo liberi l’uomo.”

Salvador Allende

Non è un documentario, Santiago, Italia è un documento umano. Un sensibile e sobrio racconto di vite. Una prospettiva storica, geografica e culturale diversa per affrontare temi come l’accoglienza, l’inclusione sociale, la tolleranza e il razzismo. Per fare questo Nanni Moretti inizia la sua storia nel pieno della guerra fredda e in un lontano paese sud americano.

Per parlarne, noi dobbiamo aprire una breve parentesi storica.

C’è un 11 settembre molto meno conosciuto nella storia internazionale.

Un evento epocale che ha cambiato radicalmente le sorti di non solo di un paese ma di un’idea politica o forse semplicemente di un sogno.

Dopo le elezioni presidenziali del 1970, in accordo con la costituzione, il Congresso cileno risolse la situazione creatasi con il risultato del voto che volle Salvador Allende come la prima personalità politica dichiaratamente marxista ad essere eletto Presidente di un paese delle Americhe.

Una volta insediato il governo di Unidad Popular, Allende aprì alla “via cilena al socialismo”.

Parliamo di un piano di riforme sociali fatte per la gente comune e per i lavoratori che venne ribattezzata la “rivoluzione con empanadas e vino rosso” per evidenziare la natura pacifica e popolare del processo di risanamento del Cile.

L’esperienza durò poco. Dopo aver spaventato le fazioni più estremiste e soprattutto le forze oscure dei falchi americani, Allende venne ucciso (anche se la teoria più accreditata parla di suicidio) giorno 11 settembre 1973, quando le forze armate cilene rovesciarono lo statista, imponendo la dittatura macabra e violenta di Augusto Pinochet.

All’indomani del Golpe molti dissidenti e giornalisti vennero portati nel Estadio Nacional de Chile, temporaneamente trasformato in un enorme campo di concentramento.

Alcuni riuscirono a rifugiarsi nell’ambasciata italiana, dove per mesi vissero in centinaia tra uomini, donne e bambini.

Intellettuali o semplici oppositori a Pinochet che dovettero vivere stipati per settimane in attesa di un lascia passare per il nostro paese. Arrivati nel “bel paese” i dissidenti cileni si sono fatti una vita, trovando lavoro come insegnati, operai specializzati e quello che il nostro paese riuscì con estrema e umana generosità ad offrire.

Moretti realizza un classico talking-head video, con persone che parlano della loro esperienza e della loro gioventù.

Uomini e donne che raccontano storie violente e umana fragilità. Ma soprattutto l’orgoglio di vivere onestamente e in piena libertà intellettuale. Una generazione disposta a morire per questo e che guarda impaurita l’atarassia socioculturale e gli arroccamenti ideologici di un’Italia diversa da quella che li accolse 46 anni or sono.

Una pellicola che ci dice in faccia, senza celebrazioni nostalgiche che “italiani brava gente” è solo un film del ’65 e un luogo comune sempre più un lontano dalla realtà.