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Sami Blood – Le origini lapponi di Amanda Kernell

I Sami, tradizionalmente conosciuti anche con il nome di lappóni, sono una popolazione indigena che vive nella parte settentrionale della Fennoscandia. Siamo nel freddo nord della Svezia. Pur non avendo mai avuto uno status politico indipendente, la loro identità culturale è sempre stata particolarmente forte. La loro lingue, tradizioni popolari, i canti, il bestiame e lo stretto rapporto con la natura incontaminata di una lingua nascosta del vecchio continente. Le loro origini, a metà tra quella caucasica e quella mongola, hanno sempre reso il loro aspetto diverso da quello dei biondissimi e longilinei svedesi. Negli anni si è creata una netta frattura tra gli indigeni lapponi e gli svedesi. Un conflitto culturale sfociato in razzismo e isolamento.

Parte da questa premessa il primo incantevole film d’esordio della regista Amanda Kernell, anche lei nata nelle aree più settentrionali della Svezia a Umeå nel 1986. Una giovane e promettente autrice che si è ispirata a eventi della sua famiglia e racconti di amici per trasformare il suo corto nel suo primo lungometraggio. La pellicola ha anche vinto il premio come Miglior regista esordiente alla Mostra del cinema di Venezia nel 2016.

Christina è una donna anziana che, con il figlio Olle e la nipotina Sanna, sono costretti a tornare nel paese di origine per il funerale dell’anziana sorella. Ma Christina, il cui vero nome in realtà è Elle-Marja, sembra affrontare questo viaggio nel tempo con una certa ritrosia.

Un lungo flashback ci riporterà indietro nel tempo, Elle-Marja è una ragazzina sami che vive con la madre e la sorella. La giovane si occupa principalmente di conciare la pelle delle renne. La loro vita cambia radicalmente quando le due sorelle vengono iscritte ad un collegio per soli sami. Qui saranno costrette a parlare lo svedese, pena dure punizioni corporali. L’interesse antropologico degli svedesi nei confronti della loro popolazione li porterà inoltre a subire una rude visita fisica da parte di alcuni dottori, in una delle scene più disturbanti del film. La fuga di Elle-Marja sarà inevitabile e la giovane si ritroverà presto nella metropoli di Uppsala dove inizierà una nuova vita.

Pellicola arcaica e rigorosa, quella della Kernell è sicuramente una prova registica molto interessante. Siamo lontani anni luce dal realismo magico degli underground kusturicani o dai musicanti di Tony Gatlif. Nel recupero delle proprie radici, del proprio Heimat, l’approccio della giovane autrice sami, ricorda proprio quello docunarrativo di Edgar Reitz.

Inoltre la semplicità e l’urgenza sono sicuramente i punti di forza del film. A ciò si uniscono anche gli spazi aperti e il meraviglioso aspetto paesaggistico esaltato dalla fotografia sobria di Sophia Olsson e le interpretazioni di Maj-Doris Rimpi nella parte dell’anziana Christina e della sorprendente esordiente Lene Cecilia Sparrok. Insomma un film tutto al femminile toccante e appassionato.