Home Speciale FESTIVAL Roma 14 – The Farewell: la vita non ci appartiene

Roma 14 – The Farewell: la vita non ci appartiene

“Basato su una bugia vera”.

Inizia con questa didascalia The Farewell della regista americana Lulu Wang, commedia allegra e allegorica, presentata in concorso alla Festa del Cinema di Roma 2019.

Billi, una giovane aspirante scrittrice di New York che attraverso la sua famiglia cinese, scopre che alla nonna Nai Nai è stato diagnosticato un tumore incurabile in fase molto avanzata. Come spesso accade nelle famiglie cinesi, con la complicità dei dottori, si nasconde al paziente terminale, la sua imminente e maligna sorte. Così la famiglia di Billi inventa di sana pianta il matrimonio di uno dei nipoti di Nai Nai. Tutto viene studiato a tavolino per far passare alla donna, dei giorni felici con tutta la famiglia riunita. Billi vorrebbe raggiungere i parenti, ma la madre glielo sconsiglia, perché a differenza degli altri, lei “non sa mentire, non riesce a trattenere le emozioni”. Billi decide però di fare di testa sua e parte per la Cina per assistere la nonna a cui è troppo legata.

La pellicola della Wang si basa sul racconto breve What You Don’t Know, letto dalla regista durante una puntata del programma radiofonico This American Life.

La giovane autrice ha dichiarato di essersi ispirata in parte a elementi autobiografici come l’aggravarsi della malattia di sua nonna, e in parte alle sue quotidiane esperienze come immigrata cinese negli States. Il risultato è una delicata commedia agrodolce che alterna riflessioni sociali e culturali sulla differenza tra oriente ed occidente, a grotteschi situazionismi slapstick. Il cuore esegetico della pellicola è la riflessione sulla morte intesa come parte integrante della vita di ogni essere umano. “Non è importante cosa fai ma come lo fai”, l’ultimo dei consigli che Nai Nai dispensa alla giovane nipote nella pellicola, suona come un invito a godersi ogni singolo istante dell’esistenza, perché il suo senso ultimo non è nei soldi che si mettono in banca ma nel modo in cui si vive la vita. Le opportunità non sono tutte e l’America può non essere il paradiso a cui tutti devono ambire, ma solo una delle possibilità.

Come dice lo zio “voi siete convinti che la vita vi appartiene, noi invece crediamo che faccia parte di un tutto”.

La società o la famiglia che sia, la Wang giustifica una prassi che in qualsiasi altro posto sarebbe illegale, con la necessità di nascondere la triste verità alla nonnina per farsi carico della sua sofferenza e concedere a lei la gioia e la serenità a ridosso del trapasso. Grottesco ed esilarante quando Billi e il padre durante il matrimonio cantano “Killing me softly”. Ma non è di meno la final track “Senza di te” cantata con un improbabile italiano da tale Fredo Viola (?) e cover della celebre Without You, portata al successo da Mariah Carey. Ma si ride anche quando il ciclo di bugie diventa insostenibile. Tutti mentono a tutti. Billi sulla borsa di studio, il padre sull’alcolismo e chissà forse anche la nonna stessa. Una cosa è certa la Wang attinge al regista taiwanese Ang Lee in film come Banchetto di nozze o Mangiare bere uomo donna. Film che mettono la famiglia, con le sue tradizioni (culinarie e non) al centro delle storie.

Pellicola tenera, briosa e anche un po’ furbetta, ma in un senso buono, come le sue bugie.