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Red Zone – 22 miglia di fuoco – La Recensione

Jimmy Silva (Mark Wahlberg) è a capo di un team dell’intelligence statunitense. La sua squadra è preparata per operazioni di spionaggio e di recupero. Alice Kerr (Lauren Cohan), Sam Snow (Ronda Rousey) e William Douglass (Carlo Alban) oltre allo stesso Silva, sono svegli e addestrati. La loro missione però questa volta non è facile. Il loro compito è infatti quello di infiltrarsi in un paese non specificato del sud est asiatico per scortare un prigioniero. L’uomo si chiama Li Noor (Iko Uwais) e si è fatto arrestare per ottenere la cittadinanza americana in cambio di informazioni estremamente delicate e crittografate. Solo lui infatti è al corrente della password per avere accesso ad un disco che contiene la posizione del pericolosissimo Cesio-137, elemento chimico altamente radioattivo. Ma tra la squadra di Jimmy e la riuscita di questa missione ci sono 22 miglia da percorrere dall’ambasciata americana fino all’aeroporto . Durante questo tragitto il team verrà ferocemente attaccato dai “cattivi” che vogliono la testa di Li Noor. A guidarli come un occhio dal cielo c’è Bishop (John Malkovich) e una gruppo di nerd informatici che hanno il compito di spianargli la strada.

Chiusa l’ideale trilogia dell’eroe comune che ha portato la coppia Mark Wahlberg e Peter Berg a realizzare gli ottimi Lone Survivor, Deepwater Horizon e Boston – Caccia all’uomo, la coppia, nella veste di produttore/star e regista , cambia completamente registro. Dopo questi edulcorati e piacevolissimi polpettoni emotivi e fieramente patriottici, con Red Zone – 22 Miglia si passa ad un b-movie action adrenalinico e pirotecnico come pochi negli ultimi anni.

Parliamo di un film cafone ma estremamente onesto. Tensione a mille, montaggio parossistico, conflitti a fuoco esaltanti e una cattiveria granguignolesca in pieno stile Eli Roth. Un mix tra il cinema muscolare americano e il dinamismo acrobatico asiatico, che strizza l’occhio al primo John Woo ed è perfettamente incarnato da Iko Uwais che i più attenti ricorderanno in The Raid. I dialoghi non rallentano il ritmo del film e tendono ad essere particolarmente volgari, mentre Wahlberg da sfogo ad una parlantina degna di un Browning M2.

Ma c’è dell’altro. La sceneggiatura firmata dall’esordiente Lea Carpenter è attenta al momento storico americano. Dalle tensioni con la Russia, ad un cinico scetticismo ideologico nei confronti degli ultimi capi di Stato americani da Obama a Trump (occhio alle scene con i bobblehead presidenziali) e anche alla ventata femminista. Le donne nel film sono soldati, e, operativi o meno, vengono trattati al pari dei loro colleghi uomini. Maltrattati, insultati e ammazzati con estrema ferocia.

Ottimo anche il cast: Wahlberg è il solito ragazzaccio, Lauren Cohan finalmente alle prese con nemici non morti (vedi The Walking Dead) e soprattutto il già citato Iko Uwais, vera rivelazione del film.

Tirando le somme un ottimo action movie di cui sentirete parlare un gran male da parte dei molti, troppi intellettuali con la puzza sotto il naso. Voi non fidatevi.