Home recensioni avventura Pinocchio (2019) – La Recensione

Pinocchio (2019) – La Recensione

“C’era una volta…
– Un re! – diranno subito i miei piccoli lettori.
No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno.”

A differenza della meravigliosa versione di Luigi Comencini, questa nuova trasposizione cinematografica live action delle avventure picaresche del burattino di Collodi, rimangono certamente più fedeli all’opera originale. Non tanto per aderenza narrativa, ma per l’approccio rigoroso del suo creatore, il regista Matteo Garrone. L’autore romano confeziona il suo Pinocchio con austero sguardo al passato. Il suo remake a metà strada tra romanzo di formazione e racconto di avventura per bambini, attinge formalmente alla tradizione cinematografica italiana e in particolare all’universo pasoliniano.

Visivamente Garrone si lascia influenzare dalle prime illustrazioni di Enrico Mazzanti, risalenti al 1883 e che accompagnavano il testo di Collodi.

Questo nuovo Pinocchio dunque è un opera rigorosa e poetica ma anche grottesca e dark, ma non quel modernismo fashion che ha fatto la fortuna di Burton, bensì un cupo realismo magico jodorowskyano ed esoterico (componente presente anche nel testo originale del massone Collodi).

Il regista de L’imbalsamatore e di Gomorra concede poco al pubblico e ai gusti contemporanei, la sua visione dell’universo collodiano è retrofuturista, un film del 2019 ma che sembra concepito con mezzi e tecniche degli anni ’60. Se si escludono alcune concessioni e virtuosismi il suo Pinocchio è castigato e umile. Piuttosto il regista sembra più interessato a portare avanti il discorso estetico iniziato con il suo precedente Il racconto dei racconti.

La storia la conosciamo, si tratta della fiaba italiana per antonomasia e fa parte del nostro dna.

Geppetto riceve da Mastro Ciliegia un ceppo di legno che, una volta trasformato in burattino, prende vita. Pinocchio però si rivelerà una piccola peste iniziando una lunga serie di (dis)avventure che lo porteranno infine dal suo babbo.

La sceneggiatura è stata scritta a quattro mani con Massimo Ceccherini. L’attore toscano oltre che interpretare la Volpe insieme al compare Gatto (Rocco Papaleo), conferisce al rigore intellettuale della mise en scène di Garrone, una più spensierata quota comica. Elemento che aiuta alla fine stempera i tempi e il montaggio della pellicola. Su tutti gli attori spicca il piccolo Federico Ielapi nel non facile ruolo del legnoso Pinocchio. Alida Baldari Calabria interpreta Fata Turchina da piccola. A Marine Vacth (Giovane e Bella, Doppio Amore di François Ozon), va invece la versione adulta. Un po’ sacrificato dai tempi e dalla durata del film, la parte del Mangiafoco di Gigi Proietti.

Roberto Benigni è molto più nella parte oggi che nel suo maldestro e lussuoso tentativo di trasposizione dell’opera collodiana del 2002, avvalorando la massima che ha accompagnato la pellicola di Garrone sin dal suo annuncio: “O muori da burattino o vivi così a lungo da diventare Geppetto” .

Nel complesso un opera non facile, ma coraggiosa e coerente.